I socialisti frenano l’onda populista ora è battaglia per la Commissione

by redazione | 27 Maggio 2014 9:04

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BRUXELLES . Il Parlamento europeo fa largo allo scontento che ribolle nella pancia di un un’Unione sottoposta a sei anni di durissima crisi economica. Tutti i partiti tradizionali perdono qualcosa. La destra populista e i movimenti anti-austerity guadagnano seggi. Ma sostanzialmente gli equilibri politici della nuova Europa non variano di molto. Il dato più rilevante, oltre all’avvento dei movimenti di protesta e populisti, è il sostanziale calo dei conservatori del Ppe, che però resta il partito di maggioranza relativa. In un parlamento che passa da 766 a 751 deputati, il Partito popolare perde 61 seggi fermandosi a quota 213. I socialisti perdono 7 deputati e sono secondi
con 190 seggi: il tracollo dei francesi e degli spagnoli è quasi completamente compensato dal successo del Pd di Matteo Renzi e dei socialdemocratici tedeschi di Martin Schulz. I liberali perdono 19 seggi e si fermano a quota 64. I verdi ne perdono 4 ed eleggono 53 deputati. I conservatori euroscettici, principalmente inglesi, ne perdono 11 e hanno 46 deputati. L’estrema sinistra guadagna 7 seggi e arriva a 42, compresi i tre italiani della lista Tsipras. Guadagnano sette deputati anche gli anti-europei dell’EFD, il gruppo della Lega Nord, che salgono da 31 a 38. E aumentano i non iscritti, contenitore dove nella precedente legislatura si ritrovavano i pochi eurodeputati eletti dal Front National e dallo UK Independence Party, che arrivano a 41 seggi.
E poi c’è la valanga dei nuovi movimenti di protesta, che si presentano per la prima volta a Strasburgo eleggendo 64 deputati. Tra questi ci sono i grillini italiani, gli indignati spagnoli, la femminista svedese, i neonazisti greci e pure l’unico neonazista tedesco. Se si mettono insieme i nuovi arrivati, i non iscritti e gli euroscettici dell’EFD si arriva a 143 deputati. Ma non tutti sono anti-europei. Non lo sono, per esempio, i greci di Potamos e verosimilmente neppure gli spagnoli di Podemos. Comunque i centri studi concordano sul fatto che il fronte anti-Ue potrebbe raccogliere circa 140 eletti, sia tra le file della destra populista sia tra quelle dei protestatari a vario titolo. Anche così, siamo comunque al di sotto del 20 per cento: meno di quanto facevano temere le previsioni della vigilia. Se anche a questi si dovessero aggiungere i conservatori britannici, saremmo comunque al di sotto del 25 per cento: meno di un quarto dei deputati eletti.
L’onda lunga della paura e della protesta,
dunque, non travolge le istituzioni europee. Anche perché, arrivata nell’emiciclo di Strasburgo, si frammenterà in rivoli e rivoletti. Marine Le Pen formerà un gruppo politico, contando sulla Lega e sull’estrema destra olandese, austriaca e fiamminga. Non faticherà a trovare altre due formazioni per mettere insieme i venticinque deputati di sette Paesi diversi necessari per la costituzione di un gruppo parlamentare. Tuttavia né Grillo, né lo Ukip di Farage vogliono aver niente a che
fare con la Le Pen: troppo di destra e troppo razzista. Farage, che dovrebbe portare 24 deputati, potrebbe avere difficoltà a trovare compagni di strada di altri sei Paesi e lancia messaggi a Grillo. Ma, come al solito, non si capisce ancora da che parte vorrà stare il Movimento Cinque Stelle. Ad ogni modo la formazione di un terzo gruppo anti-euro, oltre all’EFD e a quello di estrema destra della Le Pen (che però non vuole i neonazisti), appare problematica: se ci si arriverà, sarà probabilmente
il frutto di un assemblaggio di forze eterogenee che difficilmente potranno dare un contributo politico coerente.
Il risultato paradossale è che il successo degli anti-euro avrà ripercussioni sull’Europa più attraverso gli sconvolgimenti che produrrà in due Paesi chiave come la Francia e la Gran Bretagna, destabilizzando la prima e accelerando l’uscita della seconda dall’Ue, che attraverso i deputati al Parlamento europeo.
Sul fronte opposto, i quattro partiti europeisti hanno già avuto i primi contatti per formare una maggioranza in grado di governare l’Unione. Popolari, socialisti, liberali e verdi perdono tutti qualche seggio, ma possono comunque contare su una vastissima maggioranza parlamentare del 70 per cento. Tutti e
quattro hanno escluso qualsiasi dialogo con le formazioni populiste e anti-euro e dunque sono condannati a intendersi. Ma un primo incontro, nella notte di domenica, tra Jean-Claude Juncker e Martin Schulz pare sia finito male. Juncker, che sarà il primo a cercare di formare una maggioranza, insiste sul proprio diritto alla presidenza della Commissione come candidato del partito più forte. Ma ieri la Merkel, pur complimentandolo per la vittoria, ha accuratamente evitato di schierarsi esplicitamente in suo favore. La Cancelliera oggi vedrà i suoi alleati socialdemocratici e questa sera incontrerà a Bruxelles gli altri capi di governo europei. La partita del dopo elezioni è solo alle battute iniziali.

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