Gezi Park resta dov’è. Nuova sconfitta per Erdogan
I Movimenti sociali che hanno dato vita alle imponenti proteste contro il governo guidato da Recep Tayyip Erdogan di quest’estate torneranno presto a manifestare nel primo anniversario di quella che in Turchia è conosciuta come la “resistenza di Gezi” e a un anno dalle prime mobilitazioni avranno un motivo in più per festeggiare. Il parco più famoso del paese, salito all’onore delle cronache mondiali a giugno resterà dov’è.
Lo ha deciso lunedì sera, la sesta corte del Tribunale di Istanbul che ha dato ragione agli attivisti che avevano chiesto l’annullamento del “progetto per la pedonalizzazione di Piazza Taksim” proposto dal Comune, roccaforte del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan, che prevedeva la demolizione del Parco Gezi e la costruzione al suo posto di un complesso residenziale con annessi negozi e un museo sulla storia della città. Il violento sgombero del presidio degli attivisti che tentarono di fermare la demolizione dei primi alberi il 27 maggio, spinse a manifestare più di due milioni di persone in tutto il paese nel più importante movimento di protesta dagli anni ’70.
Il parco Gezi è diventato presto un simbolo per un movimento che ha visto scendere in piazza fianco a fianco tutti i gruppi politico-sociali di opposizione al governo Erdogan. Curdi, attivisti Lgbt, nazionalisti, femministe, musulmani anti-capitalisti, militanti della sinistra marxista, sindacati di base e tanti giovani che non avevano mai fatto politica prima, hanno partecipato all’occupazione del parco Gezi e alle proteste che per mesi hanno riempito le piazze di tutto il paese. Un’importante vittoria, quella di lunedì, costata, però, molto cara ai cittadini che hanno preso parte alle proteste.
Sono stati migliaia i feriti, centinaia le persone arrestate e sette i manifestanti che hanno perso la vita durante la repressione delle proteste da parte della polizia come Ethem Sarisuluk colpito alla testa da un colpo di pistola sparato da un agente durante una manifestazione ad Ankara, Ali Ismail Korkmaz rimasto vittima di un’imboscata della polizia e pestato a morte a Eskisehir o Berkin Elvan, il 15 enne ucciso da un lacrimogeno sparato ad altezza uomo da agenti ancora non indentificati mentre andava a comprare il pane nel quartiere di Okmeydani a Istanbul durante gli scontri.
Lunedì inoltre è iniziato, sempre a Istanbul, il processo contro 255 persone che hanno partecipato alle proteste accusate di manifestazione non autorizzata e offese a pubblico ufficiale che rischiano fino a 12 anni di carcere. Il 12 giugno saranno, invece, i portavoce della Piattaforma “Taksim solidarietà”, il coordinamento di tutti i gruppi che hanno partecipato all’occupazione del parco Gezi, accusati di aver costituito un “organizzazione criminale” a finire davanti ai giudici. La decisione della corte che lunedì ha respinto il ricorso presentato dal comune di Istanbul e il ministero della Cultura che avevano chiesto l’annullamento della precedente sentenza del 6 giugno favorevole agli attivisti arriva però in ritardo, nonostante il processo in corso le ruspe non si sono fermate e gran parte dei lavori è stata completata.
Dal 12 settembre sotto una piazza Taksim completamente ricoperta da uno strato cemento sui cui da mesi si sono aperte grosse crepe, scorrono cinque maxi-tunnel. Un progetto, secondo la Camera degli urbanisti di Istanbul, pensato più per le auto che per i pedoni e che rende ancora più difficile l’accesso alla piazza.
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