by redazione | 26 Maggio 2014 8:44
NANTERRE — Il vecchio e stanco fondatore Jean-Marie Le Pen guarda, impettito e commosso, la figlia Marine che tre metri davanti a lui, sul piccolo palco della sede di partito, dice solennemente «il popolo sovrano ha ripreso in mano il suo destino». Dietro di lei, il manifesto «Front National, primo partito di Francia».
Sono le 20 e 30 di domenica 25 maggio, e il movimento fondato quarant’anni fa dall’ex parà dell’Indocina e dell’Algeria francese per raccogliere i nostalgici dell’impero coloniale, qualche monarchico e tanti neofascisti (la fiamma del simbolo nel 1972 venne copiata dal Msi di Almirante), vince le elezioni europee con il 25,4% dei voti.
Marine Le Pen ripete adesso quello che diceva negli ultimi giorni della campagna: «Queste elezioni sono europee ma hanno un valore politico enorme per la Francia, sono eminentemente nazionali. E il popolo francese ha detto oggi nel modo più chiaro possibile che non vuole più essere governato dall’esterno, da oligarchi di Bruxelles che nessuno ha votato e che ciò nonostante dettano le condizioni a tutti, infischiandosene delle elezioni e della democrazia. È una vittoria storica, per il Front National ma soprattutto per la Francia».
Il Fn ci ha abituato a «avanzate» e «affermazioni» storiche, a partire dal clamoroso secondo turno di Jean-Marie Le Pen alle presidenziali del 21 aprile 2002, ma stavolta è diverso: il primo posto alle Europee, con largo vantaggio sul partito del centrodestra Ump (fermo al 20%) e soprattutto con 10 punti in più rispetto ai socialisti al governo (sotto al 15%), appare dirompente (e meno episodico della vittoria in Italia del Pci alle Europee nel 1984). Un partito da sempre ai margini, e che al precedente scrutinio europeo del 2009 non era andato oltre il 6%, quadruplica il risultato.
«È un terremoto», aveva preannunciato verso le 18 Jean-Marie Le Pen all’arrivo a Nanterre, un tempo (ormai lontano) cuore delle rivolte studentesche e operaie francesi e adesso sede del Front National. «È un terremoto, e uno choc per tutti i responsabili politici», conferma dopo i risultati il socialista Manuel Valls, premier da neanche due mesi.
Il 31 marzo scorso alle elezioni municipali i socialisti patirono una prima batosta, battuti dell’Ump (il partito di centrodestra dell’ex presidente Sarkozy) e in alcune città anche dai candidati frontisti. Allora il presidente Hollande si presentò in tv per dire che aveva compreso il messaggio, cacciò lo scialbo primo ministro Ayrault e lo sostituì con il popolare Valls; varò un nuovo governo, sostituì il segretario del partito e promise un nuovo corso più attento alla competitività delle aziende e al potere d’acquisto dei francesi.
Adesso, dopo questa nuova sconfitta, ancora più larga e grave, quale altra carta rimane da giocare a Hollande, il presidente più impopolare nella storia della V Repubblica? Marine Le Pen entra subito nei panni della trionfatrice, e nel breve discorso trasmesso in diretta da tutte le tv lo esorta a «prendere i provvedimenti che si impongono perché l’Assemblea divenga davvero nazionale e rappresentativa del popolo, e capace di condurre la politica di indipendenza scelta chiaramente questa sera dal popolo di Francia». In sostanza, il Front National chiede a Hollande di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni politiche, «stavolta con una legge elettorale proporzionale», aggiunge Marine Le Pen, che ormai ha l’aria di pretendere tutto e subito. «Non vedo come Hollande possa non sciogliere l’Assemblea, che ormai non rappresenta più nessuno — dice poi tra i giornalisti la leader del Fn —. A Grillo e a tutti quelli che negli altri Paesi europei combattono contro il totalitarismo di Bruxelles, io dico: unitevi a noi».
Marine Le Pen vuole la fine dell’Ue, la rinascita degli Stati nazionali, il ristabilimento delle dogane per fermare le merci straniere e l’innalzamento delle frontiere per arrestare «l’invasione degli immigrati». A breve termine, pretende le dimissioni del premier Valls, colui che a sinistra si è più impegnato a favore dell’Europa in questa campagna e che quindi «se è un uomo d’onore, dovrebbe lasciare il suo posto».
Mentre due passi più in là Jean-Marie Le Pen rievoca quarant’anni di battaglie e di schiaffi dati e presi, e quel secondo turno del 2002 quando «ai francesi la sinistra chiese di votare per uno scroccone come Chirac piuttosto che per un fascistone, che sarei stato io», Marine Le Pen spiega che «la Germania è il centro economico dell’Europa, ma la Francia ne resta il cuore politico. E se in Francia vince il partito anti Ue, le cose a Bruxelles non possono continuare come se niente fosse». Gli eurodeputati del Front National erano tre, saranno almeno 25.
Hollande dice che «saranno tratte delle lezioni», e ha indetto per stamattina all’Eliseo una riunione di crisi. All’Elysée Lounge invece, discoteca pochi metri più in là, ieri notte Marine Le Pen ha festeggiato la vittoria.
Stefano Montefiori
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