Le europee alla Consulta
Il ricorso lo avevano presentato in sei città. Il primo a rispondere, in tempo per le elezioni europee, è stato il tribunale di Venezia. Che ha giudicato non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate contro la legge elettorale con la quale il 25 maggio saranno scelti 73 europarlamentari italiani. La soglia del 4% prevista dal sistema di voto italiano «non appare sostenuta da alcuna motivazione razionale», secondo i giudici veneziani. Che hanno investito della questione la Corte Costituzionale, così come richiesto da un gruppo di cittadini organizzati dall’avvocato milanese Felice Besostri. Lo stesso promotore del ricorso contro la legge elettorale nazionale che ha portato la Consulta ad ammazzare il Porcellum. Per questo, ma non solo per questo, si prevedono guai. Dopo che i parlamentari saranno stati eletti, la Corte potrà dichiarare illegittima anche questa legge elettorale. Ribattezzata euro-Porcellum.
Ma a differenza del parlamento italiano, l’europarlamento non è in grado di sanare un’elezione illegittima giudicando al suo interno sui titoli di ammissione dei deputati. Ragione per cui, se la Consulta dovesse accogliere e ritenere fondati gli argomenti evidenziati dal tribunale di Venezia, toccherebbe ai giudici amministrativi italiani intervenire. A elezioni abbondantemente svolte. «La delegazione italiana al prossimo parlamento europeo sarà decisa dal Tar del Lazio, questo è certo», dice l’avvocato Besostri. Che è naturalmente soddisfatto. Ma sarebbe stato più contento, spiega, se i giudici italiani avessero scelto di rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Ue, così come era stato loro chiesto nel ricorso contro l’euro-Porcellum. Quella Corte è competente — anche in via urgente — per l’applicazione del diritto comunitario. Con il quale la legge italiana vistosamente contrasta, a seguito della modifica introdotta nel 2009 dal Pd in accordo con Berlusconi. Già all’epoca ci furono proteste, alle quali Fassino rispose spiegando che si voleva evitare «un’armata Brancaleone a Strasburgo» (intendendo Bruxelles). Più recentemente Rifondazione comunista ha scritto una lettera a Napolitano chiedendogli di segnalare al parlamento il dovere di correggere la legge. Il parlamento è invece intervenuto (male) solo sulla questione delle pari opportunità. Ignorando gli appelli, anche dello stesso avvocato Besostri che prima di far partire i ricorsi aveva scritto a Grasso e Boldrini.
Ai giudici è stata sottoposto il risultato delle ultime europee (2009), quando sono rimasti sotto la soglia e dunque senza rappresentanti partiti che insieme avevano raccolto più di 4 milioni di consensi. Voti dunque inutili. Una violazione del principio di parità degli elettori non giustificata da esigenze di governabilità, visto che l’europarlamento non dà la fiducia alla Commissione europea. Proprio nella sentenza dello scorso gennaio contro il Porcellum, i giudici costituzionali hanno ribadito che una certa distorsione della proporzionalità può essere ragionevolmente giustificata solo in nome della governabilità e della stabilità. Altre esigenze, come quella (sollevata nel 2009 dai sostenitori della soglia) di rafforzare la rappresentanza italiana, non trovano spazio. Né giustificazione, visto che gli eurodeputati ovunque eletti rappresentano tutti i cittadini europei, e il numero dei gruppi politici costituiti a Bruxelles è limitato.
Consegnata ai giudici amministrativi, le elezioni del 25 maggio finirebbero nel caos. Anche perché l’esito favorevole ai ricorrenti appare scontato, visto che già un eurodeputato nel 2009, Peppino Gargani (Pdl) si è fatto dare ragione dal Consiglio di stato. Nel nome del fatto che i voti di una circoscrizione non possono contribuire ad eleggere candidati di altre circoscrizioni, solo perché attribuiti a un partito rimasto sotto la soglia. Tutto questo sempre che la Consulta deciderà di accogliere la questione che, come nel caso della legge elettorale italiana, è al limite del ricorso diretto (vietato nell’ordinamento nazionale). Proprio il precedente farebbe deporre per l’accoglimento. Almeno con questo collegio. La Corte Costituzionale ha però i soliti tempi lunghi (per il Porcellum ha impiegato quasi otto mesi) e tra giugno e novembre andranno sostituiti ben quattro giudici. Due di nomina parlamentare e due presidenziale.
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