by redazione | 30 Maggio 2014 17:55
ROMA — Anche l’aula di Montecitorio ieri ha detto sì, a tempo di record. E con una maggioranza decisamente schiacciante: 381 i sì, 30 i contrari, 14 gli astenuti. La legge sul divorzio breve passa ora al vaglio di Palazzo Madama. Chissà se i tempi di approvazione al Senato saranno così sprint, come lo sono stati alla Camera.
Sono passate soltanto due settimane da quando la commissione Giustizia di Montecitorio ha dato il via libera ad un testo emendato che aveva trasformato il divorzio già breve in divorzio brevissimo. Ecco cosa è successo, con il voto di ieri che ha confermato quel testo: adesso si potrà divorziare in sei mesi, in caso di separazione consensuale. Se conflittuale, invece, i mesi saranno dodici.
Nel testo unificato che era stato presentato in precedenza (relatori Luca D’Alessandro di Forza Italia e Alessandra Moretti del Pd), in caso di consensuale si poteva divorziare invece in nove mesi, ma soltanto se non c’erano di mezzo figli minori.
Sono stati emendamenti presentati da Pd, M5S e Psi ad abbassare a sei mesi la durata del divorzio. Ma non solo. Con quegli emendamenti si è cancellato del tutto la condizione variabile legata ai figli minori. È stato per un problema di discriminazione, non per togliere la tutela ai figli. Bisogna tener conto infatti della nuova legge sulla filiazione: dopo la sua approvazione, i figli sono considerati tutti uguali, in qualsiasi situazione e a tutti gli effetti. Con questo inserimento di variabile sui figli minori nella legge sul divorzio si sarebbe introdotta una nuova discriminante fra figli nati fuori e dentro il matrimonio. Una variabile che avrebbe potuto essere anche considerata incostituzionale.
«Ma la tutela dei figli non è in discussione ed è garantita dalle norme sull’affido condiviso», ci tiene a precisare Luca D’Alessandro, uno dei due relatori del testo. Alessandra Moretti, relatrice, è contenta dell’approvazione della normativa che «finalmente adegua la nostra legislatura a quella europea». La parlamentare del Pd ringrazia anche la Lega Nord: «Non ha votato a favore, ma non ha voluto nemmeno presentare emendamenti contrari che avrebbero rallentato l’approvazione».
Si potrà divorziare in sei mesi oppure in un anno e il conteggio di questo periodo partirà dal momento in cui l’atto della separazione verrà notificato ai coniugi. Altro punto importante: una volta entrata in vigore, la legge verrà applicata immediatamente anche ai procedimenti in corso. «Dopo tanti tentativi andati a vuoto nelle scorse legislature, stavolta siamo vicini al traguardo», ha commentato Donatella Ferranti (Pd), presidente della commissione giustizia di Montecitorio. E ha aggiunto: «È una legge doverosa, in linea con i tempi e con gli altri Paesi». In effetti oggi in Europa ad avere una legge che prevede tempi lunghi per il divorzio è rimasta soltanto l’Italia, insieme a Polonia, Malta e Irlanda.
Ma il sì della Camera sul divorzio breve «non darà nessun contributo» alla riflessione. Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, non nasconde la sua preoccupazione e, a margine della presentazione di un libro, afferma: «Non credo si possa parlare di conquista, tanto meno definirla storica». Una considerazione che monsignor Galantino fa soprattutto all’indomani dei dati Istat: «Una accelerazione per quel che riguarda il divorzio non fa che consentire una deriva culturale. Togliere spazio alla riflessione non risolverà. Il matrimonio e la famiglia restano il fondamento della nostra società. La fretta non porterà da nessuna parte».
Alessandra Arachi
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