Decreto Poletti, Sacconi insacca tutti

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La legge che pre­ca­rizza defi­ni­ti­va­mente il lavoro doveva pur pas­sare per le mani dell’Ncd, che ha pre­sen­tato al Pd la pro­pria cam­biale elet­to­rale: otto emen­da­menti gover­na­tivi in Com­mis­sione Lavoro al Senato – frutto di un accordo nella mag­gio­ranza – hanno sostan­zial­mente peg­gio­rato il testo (tranne che per la for­ma­zione pub­blica dell’apprendista, come vedremo). Ora il testo passa al voto dell’aula, per poi ritor­nare alla Camera: dove quasi cer­ta­mente verrà rimessa di nuovo la fidu­cia, per­ché il decreto deve essere con­ver­tito entro il 19 mag­gio (il che fa anche gioco per le elezioni).

Nella con­fu­sione della pro­pa­ganda elet­to­rale si è anche inse­rito un emen­da­mento Mussolini-Berlusconi, per esten­dere gli sgravi fiscali e con­tri­bu­tivi desti­nati ai neoas­sunti anche ai disoc­cu­pati di lunga durata: la sena­trice di Fi ha fir­mato a penna la sua pro­po­sta con il nome di Ber­lu­sconi, pur essendo tec­ni­ca­mente impos­si­bile visto che il Cava­liere è decaduto.

Tra Ncd e Forza Ita­lia è stato un rim­pal­larsi di accuse: i secondi hanno accu­sato i primi di aver sostan­zial­mente accet­tato un «Cgil Act», cioè di aver varato un testo frutto del “ricatto” pro­ve­niente dalla sini­stra Pd e dalla Cgil.

Nulla di più falso. Anche per­ché la Cgil con­ti­nua a essere con­tra­ria all’impianto della riforma, in quanto si azzera la cau­sale per tutti i tre anni del con­tratto a ter­mine, sosti­tuen­dolo di fatto alla cen­tra­lità del rap­porto a tempo indeterminato.

La sini­stra Pd, dal canto suo, è piut­to­sto divisa, e ha via via accet­tato cor­re­zioni sem­pre più pro­fonde, come quella a cui più teneva Sac­coni: ovvero la sosti­tu­zione con una multa dell’obbligo ad assu­mere a tempo inde­ter­mi­nato, per tutte quei casi in cui l’azienda sfora il tetto del 20% di con­tratti a termine.

Per Cesare Damiano, pre­si­dente della Com­mis­sione Lavoro della Camera, «que­sta san­zione rap­pre­senta un buon deter­rente: aveva già il nostro ok», spiega.

Diverso il parere di Ste­fano Fas­sina, che invece alza gli scudi e – al con­tra­rio del col­lega Damiano – fa imma­gi­nare una ria­per­tura del dos­sier alla Camera: «La tra­sfor­ma­zione della san­zione pre­vi­sta per lo sfo­ra­mento del tetto del 20% e il ridi­men­sio­na­mento della quota di appren­di­sti da sta­bi­liz­zare sono passi indie­tro – dice Fas­sina – Rimet­tere in discus­sione l’equilibrio del testo san­cito con il voto di fidu­cia alla Camera implica ria­prire la discus­sione alla Camera prima del varo defi­ni­tivo del decreto». Il tutto, va detto, men­tre lo stesso Ncd annun­cia di voler ulte­rior­mente «limare» il testo per modificarlo.

La multa equi­vale al 20% della retri­bu­zione per ogni mese o metà mese lavo­rato se il tetto si sfora solo di un addetto; sale al 50% per ogni addetto in più per cui si sfora.

Le altre novità intro­dotte: si restringe la pla­tea di imprese a cui si applica l’obbligo di sta­bi­liz­zare il 20% degli appren­di­sti, pas­sando da quelle supe­riori a 30 dipen­denti a quelle oltre i 50. Ancora, ed è l’unica modi­fica posi­tiva: spa­ri­sce la norma per cui, pas­sati i 45 giorni in cui le Regioni devono comu­ni­care il piano for­ma­tivo, l’impresa veniva assolta dall’obbligo for­ma­tivo. Quindi l’obbligo non cessa dopo i 45 giorni, ma le imprese gua­da­gnano su un altro fronte: la for­ma­zione pub­blica potrà essere svolta anche presso di loro, basta che si atten­gano agli stan­dard regionali.

Tor­nando ai con­tratti a ter­mine, un altro emen­da­mento dispone che sono esen­tati dal tetto gli enti di ricerca (potranno avere un numero infi­nito di pre­cari). E si inse­ri­sce nel pre­am­bolo – quindi una pura dichia­ra­zione pro­gram­ma­tica – la cita­zione dell’«adozione di un testo unico sem­pli­fi­cato della disci­plina dei rap­porti di lavoro con la pre­vi­sione in via spe­ri­men­tale del con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato a pro­te­zione crescente».

Insomma, si lega que­sta legge alla delega che con­tiene appunto il «mitico» con­tratto unico a tutele cre­scenti, ma che è fis­sata in un impre­ci­sato futuro (al minimo nel 2015). Il rela­tore Pie­tro Ichino aveva pro­vato a far pas­sare il suo modello, ma non c’è riu­scito per lo stop del Pd e del mini­stro Poletti.
«Sicu­ra­mente ora dob­biamo pen­sare al con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato a tutele cre­scenti – dice Damiano – La ver­sione Ichino, con il risar­ci­mento se inter­rompi il con­tratto nel periodo di prova, può pure andare bene, ma solo a patto che: 1) alla fine del periodo di prova maturi tutti i diritti, arti­colo 18 incluso; 2) se le imprese rice­vono gli incen­tivi solo se e quando assu­mono il lavo­ra­tore, e non prima».

Damiano fa capire che, per quanto gli con­cerne, il Pd non osta­co­lerà l’iter del dl Poletti: «In Senato non è stato stra­volto quanto ave­vamo già licen­ziato alla Camera. Unico dato nega­tivo, il restrin­gi­mento della pla­tea di imprese per la sta­bi­liz­za­zione degli appren­di­sti: ma nume­ri­ca­mente, la pla­tea si restringe in modo marginale».

Annun­ciano bat­ta­glia, invece, i Cin­que­stelle: «Diven­te­remo tutti “cinesi”, super coco­prò – com­men­tano – Nuovi “Sac­coni” di pre­ca­riato gra­zie al Pd di Renzi».


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