by redazione | 26 Maggio 2014 8:58
BERLINO — Nemmeno Angela Merkel riesce a vincere sempre, anche se resta la prima in classifica. Questa volta sono andati meglio di tutti i socialdemocratici del vice cancelliere Sigmar Gabriel, che hanno approfittato dell’effetto Schulz, il «candidato tedesco» alla guida dell’Europa. Lo hanno ringraziato e applaudito a lungo, nella festa del Willy-Brandt-Haus, dove il capolista della Spd aveva le lacrime agli occhi. Il balzo in avanti rispetto al 2009 è stato considerevole. Ma, intanto, si fanno largo gli antieuro di Alternative für Deutschland e un trionfante Bernd Lucke, il loro leader, prepara le valigie per Bruxelles annunciando addirittura che «in Germania è nato un nuovo partito popolare». Nessuna grande sorpresa ha caratterizzato il voto tedesco: i Verdi e la Linke resistono, i liberali continuano a soffrire, entrano le formazioni più piccole (neonazisti compresi). Il senso politico però è che, contrariamente a 5 anni fa, gli alleati della donna più potente del mondo non pagano il prezzo della grande coalizione. Anzi, il loro impegno all’interno del governo viene ricompensato dagli elettori, che sembrano premiare anche la voglia di prendere le redini di un’Europa diversa. Saranno naturalmente i risultati degli altri Paesi a dire se il sogno del grande nemico di Silvio Berlusconi sia destinato a realizzarsi. Per il momento, però, il suo è stato un indiscutibile successo.
«Questa vittoria ha un nome, quello di Martin Schulz», ha detto Gabriel nel quartier generale socialdemocratico, dove i militanti sembravano galvanizzati dall’avanzata del loro partito (27,2 %) rispetto al voto politico di settembre ma soprattutto nei confronti delle precedenti elezioni europee, dove la Spd ottenne solo il 20,8% e capì che una parte della sua storia era finita. Pochi mesi dopo Angela Merkel tornava in cancelleria per il suo secondo mandato portando i liberali al governo. In realtà il vicecancelliere non è sembrato fare una questione di numeri, anche se la forbice con l’Unione Cdu-Csu si è ridotta (27 seggi contro 36). Gabriel ha alzato la posta, ricordando che il futuro presidente della Commissione europea «deve essere un candidato che ha corso nelle elezioni» e aggiungendo che il numero uno delle liste Spd «ha grandi chance di raggiungere una maggioranza che lo sostenga». Schulz annuiva, raggiante, convinto di essere il simbolo di un «rinnovamento democratico» che sta maturando in Europa. «Un risultato fantastico», non si stancava di ripetere il capogruppo in Parlamento Thomas Oppermann.
Meno frizzante il clima alla Konrad-Adenauer Haus, dove i vertici cristiano-democratici analizzeranno oggi con Angela Merkel quanto è accaduto. Secondo gli exit poll della televisione Zdf, al partito della cancelliera, è andato il 35,4%, 2,5% in meno rispetto al 2009 e 6,1% in meno sulle politiche dell’anno scorso. Tanto il capolista David McAllister, ex governatore della Bassa Sassonia, quanto il segretario generale Peter Tauber sono apparsi comunque moderatamente soddisfatti. Delusi, invece, i cristiano-sociali. «Non siamo riusciti a mobilitare i nostri sostenitori», è stato il commento del responsabile del partito Andreas Scheuer. Un’implicita ammissione del fatto che all’Unione è venuto a mancare, in questa occasione, l’apporto positivo della Csu, messa in difficoltà da Alternative für Deutschland. Nel quartier generale della Cdu il nome di Jean-Claude Juncker, l’ex premier lussemburghese candidato del Ppe per la presidenza della Commissione, non sembrava scatenare un entusiasmo particolare. Un segno, questo, delle difficoltà di una sfida che, almeno in Germania, è stata vinta da Schulz, al di là di quanto potrà avvenire nei prossimi giorni in un delicato confronto tra Parlamento europeo e governi.
All’Hotel Maritim, nella Friedrichstrasse, l’autocelebrazione di Alternative für Deutschland (che ha ottenuto il 7%) ha dato il senso di un partito che cerca ancora una sua identità, indeciso se restare il punto di riferimento di un elettorato contrario a un’idea «solidaristica» dell’Europa o essere anche una forza politica moderata, attenta ai temi della difesa della famiglia e della società tradizionale. L’importante, però, è che Lucke e i suoi colleghi non sembrano volersi accodare alle forze populiste o radicalmente antieuropee presenti in altri Paesi. «Non mi voglio alleare con l’estrema destra», ha assicurato il leader di AfD, vestito come al solito di scuro, camicia bianca immacolata e cravatta da grandi occasioni. Lo sdoganamento degli avversari della moneta unica, che avevano già sfiorato l’ingresso nel Bundestag, era scontato. Meno quello di altre formazioni minori, che devono ringraziare la Corte costituzionale per aver preteso l’abolizione dello sbarramento al 3%. Hanno infatti conquistato un seggio anche i Pirati, gli amici degli animali, i liberi elettori, i difensori della famiglia e i neonazisti. I giudici di Karlsruhe non pensano evidentemente che il Parlamento europeo debba temere una frammentazione della rappresentanza.
Paolo Lepri
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