by redazione | 16 Maggio 2014 8:58
TRAPANI . «Era un processo difficile », dice Chicca Roveri, la compagna di Mauro, mentre abbraccia la figlia Maddalena. «Era un processo molto difficile, soprattutto perché pesavano ventisei anni di depistaggi, che erano scattati subito dopo l’omicidio. Ma adesso la corte d’assise di Trapani ha fatto chiarezza, e ha emesso due condanne chiarissime».
Perché è stato così difficile far emergere la verità?
«Non ci sono stati solo depistaggi da parte di chi doveva fare le indagini. Ci sono state anche molte omissioni e miopie. Adesso, sono evidenti, basta ripercorrere le udienze che si sono susseguite negli ultimi tre anni».
Subito dopo il delitto, la pista della mafia fu la prima ad essere esclusa. Si è fatta un’idea del perché?
«Trapani era la città in cui il sindaco e il procuratore della Repubblica dicevano che la mafia non c’era a Trapani. E lo spiegavano pure: “Perché qui non si celebra alcun processo di mafia”. Davvero una bella argomentazione. Il processo ha fatto emergere questo contesto».
I pubblici ministeri Gaetano Paci e Francesco Del Bene hanno puntato l’indagine soprattutto contro i carabinieri del reparto operativo di Trapani che condussero le indagini.
«Chi ha voglia di ridere un po’ può leggere le loro dichiarazioni ».
Che cosa hanno nascosto i depistaggi istituzionali?
«Hanno nascosto le intuizioni di Mauro, che aveva capito molto della mafia che si muoveva a Trapani. Lo aveva capito e lo raccontava, come solo lui sapeva fare, attirando l’attenzione della gente. Con amore, generosità e intelligenza spiegava cosa accadeva a Trapani, denunciava quello che nessuno diceva. E spiegava che certe situazioni non erano affatto marginali. Ecco, se Mauro fosse vissuto, tanti misteri di mafia sarebbero stati probabilmente chiariti. Ma glielo hanno impedito ».
Cosa ha provato a stare davanti i giudici della corte d’assise che hanno emesso la sentenza, lei che era stata accusata da altri giudici di essere coinvolta nel delitto. Era un errore giudiziario, quanto le pesa ancora?
«Non ho perso fiducia nella giustizia, ecco perché sono tornata in un’aula per chiedere la verità sulla morte di Mauro. E adesso è stata emessa una doppia sentenza di condanna nei confronti di esponenti mafiosi».
Lei ha seguito con grande attenzione questo processo, cosa è emerso dalle udienze?
«La corte presieduta da Angelo Pellino ha fatto un gran lavoro, lo ripeto questo era un processo difficile, reso ancora più complesso dai depistaggi che erano scattati subito dopo l’omicidio. Non era davvero facile tirare le fila di un evento accaduto a Trapani nel 1988 in un contesto davvero particolare. Adesso sono contenta soprattutto perché il processo ha fatto emergere in tutta la sua chiarezza la figura di Mauro e quello che lui ha fatto. Aveva una grande capacità di comunicare, aveva generosità e intelligenza».
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