Cgil, Camusso rieletta “Vogliamo democrazia non posti a tavola”

Cgil, Camusso rieletta “Vogliamo democrazia non posti a tavola”

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RIMINI . Susanna Camusso è stata rieletta segretario generale della Cgil, con il 73% dei voti (meno di quanto ci si aspettasse); ma il suo sindacato – l’ammette lei dal palco concludendo il congresso confederale – non se la passa bene. «Non possiamo stare bene – dice – se il nostro obiettivo resta la piena occupazione mentre aumentano i disoccupati ». È anche questa la crisi del sindacato, forse l’aspetto più drammatico del declino sindacale. Per la risalita il sindacato avrebbe bisogno del governo, di politiche (condivise?) per la crescita del lavoro. E invece con il governo Renzi è in atto uno scontro inedito. Che ieri si è arricchito. Perché il leader Cgil non ha fatto alcun passo indietro. Anzi. Ha detto che mentre il candidato socialista alla guida della Commissione europea, Martin Schulz, pensa che si debba far leva sul “dialogo sociale”, che è poi una versione soft della concertazione, per uscire dalla stagnazione «la proposta dell’Italia è diversa». Appunto: è quella di Renzi che, per quanto abbia appena condotto il Pd dentro il Pse, non ha alcuna intenzione di invitare il sindacato a Palazzo Chigi. Camusso risponde che non cerca «un posto a tavola», ma certo non è questo uno scenario ideale per la risalita: «Non siamo governo ombra ma andiamo ascoltati».
E ancora: «Il ritornello sulla riduzione dei permessi sindacali nel pubblico impiego perché costituiscono un costo – dice – appartiene alla teoria generale secondo la quale se la democrazia costa si può tagliare. Si comincia così e non si sa dove si va a finire ». La Camusso non sarà «ossessionata », come spiega ai giornalisti, da Renzi ma il congresso della Cgil è stato celebrato all’insegna della sfida esterna al premier e della sfida interna a Maurizio Landini, segretario Fiom. Che nelle votazioni finali per il Direttivo ha rosicchiato quasi un 6% in più rispetto alle previsioni arrivando a circa il 17% contro l’80% della maggioranza camussiana (entrata al congresso con il 97,5% dei voti tra i quali però anche quelli della Fiom), un altro 3% è andato all’area di Giorgio Cremaschi. La spaccatura si è acuita nelle votazioni per il parlamentino. E la tensione è esplosa in serata al Palacongressi durante la composizione delle Commissioni di garanzia. La maggioranza non voleva tener conto dei nuovi equilibri confederali oltre a porre un veto su un candidato della minoranza. Landini è così salito sul palco: ha riparlato di «gestione autoritaria» e minacciato addirittura di «abbandonare il congresso». I lavori si sono inceppati. Poi un faticoso accordo. Passo indietro della maggioranza. Una tregua. Quella che non c’è stata durante il congresso. Perché dal palco, prima degli ultimi nervosismi serali, Camusso ha replicato a muso duro al
leader della Fiom, innanzitutto alla sua richiesta di un codice etico per trasformare la Cgil in una casa di vetro. Il codice etico c’è già, ha detto: «È lo statuto della Cgil». E la prima regola è quella di rispettare le indicazioni che arrivano dal voto degli iscritti. La maggior parte dei quali ha detto sì all’intesa sulla rappresentanza sindacale che la Fiom contesta. Applausi dai delegati, perché la Fiom, il protagonismo di Landini, la sua visibilità piacciono sempre meno a tutto il resto della Cgil. Le primarie? Camusso dice no a un modello leaderistico. Piuttosto – ragiona – bisognerebbe «ridurre il ruolo del segretario generale». Poi difende la scelta (criticata da Landini) di riaprire insieme a Cisl e Uil la vertenza sulle pensioni: «Senza di loro andremmo incontro nuovamente a una straordinaria sconfitta».



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