by redazione | 22 Maggio 2014 9:17
HOMER (MICHIGAN) . Uno stabilimento con 450 dipendenti, 83 milioni di euro di investimento. Il patron di Brembo, Alberto Bombassei, ha inaugurato ieri la nuove linee per la produzione di freni in Michigan. Brembo, uno dei leader italiani della prima fornitura, si radica così in modo massiccio nel cuore del Michigan, patria dell’automotive Usa.
«Pensiamo di trasformare questo paese nella nostra seconda casa», dice Bombassei di fronte al governatore del Michigan, Ricky Snaider.
Al taglio del nastro è presente anche Sergio Marchionne. Nel mondo dell’auto «quel che conta non sono le nazionalità, sono i marchi», dice in mattinata, parlando a Washington l’ad del Lingotto. Che però precisa subito: «È evidente che bisogna tutelare il dna dei brand. Produrre una Ferrari in Cina non ha senso. Non produrrei mai una Ferrari in Cina».
Nell’intervista al Brooking institute l’ad del Lingotto rivela che «la produzione della 500 in America era uno dei patti previsti dall’accordo con il governo americano» nel salvataggio di Chrysler.
Le domande riguardano anche l’attualità americana: la mega multa da 35 milioni di dollari inflitta a Gm per i ritardati richiami di auto difettose. Ormai la più grande delle big tree di Detroit è arrivata a 13 milioni di auto richiamate. «Non è una multa che cambia la situazione.
Quella che deve essere modificata è la mentalità di chi produce le auto». Ma Marchionne non dimentica l’altra sponda dell’Atlantico. Si dice «d’accordo con il presidente Napolitano quando condanna i populismi», e, per quanto riguarda Fiat, preferisce non commentare le dichiarazioni dei sindacati sul fatto che sarebbe partito l’investimento per il Suv Maserati a Mirafiori: «Si fa di sicuro ma non forniamo ulteriori dettagli».
Poi l’ad del Lingotto si trasferisce in elicottero a Homer. Qual è l’effetto della fusione con Chrysler sull’automotive italiano? «Un effetto molto importante. Se avessero dovuto seguire la sola Fiat quanti componentisti italiani sarebbero venuti qui?».
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