Assassinato al Senussi, il capo dell’intelligence

by redazione | 10 Maggio 2014 10:12

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Il capo dei Ser­vizi segreti della Libia orien­tale è stato assas­si­nato a Ben­gasi. Il colon­nello Ibra­him al Senussi Akila è stato ucciso da colpi di arma da fuoco, men­tre gui­dava la sua auto­vet­tura, a due passi dall’ospedale nel cuore di Ben­gasi, gio­vedì sera. Nel dicem­bre scorso, anche il capo dell’Intelligence mili­tare di Ben­gasi era stato assas­si­nato a Derna.

L’agguato non è stato riven­di­cato, ma le auto­rità libi­che ne attri­bui­scono le respon­sa­bi­lità a estre­mi­sti isla­mici. L’omicidio eccel­lente è arri­vato a pochi giorni dalla con­ferma che i ribelli non rispet­te­ranno gli accordi petro­li­feri con le auto­rità libi­che. I sepa­ra­ti­sti della Cire­naica hanno strac­ciato infatti l’accordo sulla riat­ti­va­zione dei ter­mi­nal petro­li­feri orien­tali, siglato ad aprile dall’ex pre­mier pro tempore.

Abdal­lah al Thinni, prima di rinun­ciare all’incarico per un atten­tato che ha col­pito la sua fami­glia, aveva rag­giunto un accordo pre­li­mi­nare per la ria­per­tura di quat­tro porti petro­li­feri nell’est della Libia. Solo due, Hariga e Zuei­tina, sono stati con­se­gnati alle auto­rità. Le parti ave­vano in pro­gramma ulte­riori nego­ziati per la ria­per­tura dei due ter­mi­nal prin­ci­pali: Ras Lanuf ed el Sider.

L’accordo petro­li­fero è sal­tato prima di tutto per­ché i ribelli non rico­no­scono l’autorità del nuovo pre­mier. Il por­ta­voce dei sepa­ra­ti­sti, Ali Hasi ha defi­nito «ille­gale» la nomina da parte del par­la­mento, la scorsa dome­nica, di Ahmed Mai­teg. In verità, la vali­dità del voto è stata con­te­stata da vari par­la­men­tari. Il vice­pre­si­dente del par­la­mento libico, Ezzed­dine al Awam aveva dichia­rato non valida l’elezione di Mai­teg, per un errore nel con­teg­gio dei voti. Mai­tig avrebbe otte­nuto 113 pre­fe­renze, a fronte delle 120 neces­sa­rie. Anche l’ex pre­mier Ali Zei­dan, sfi­du­ciato dal par­la­mento in seguito alla ven­dita ille­gale di petro­lio da parte dei ribelli al cargo nor­d­co­reano Mor­ning Glory lo scorso marzo, aveva denun­ciato irre­go­la­rità nelle ope­ra­zioni di voto prima di lasciare il paese, diretto in Germania.

Il brac­cio di ferro tra par­la­mento ed ese­cu­tivo, si è con­cluso con la nomina di Mai­teg, 42 anni di Misu­rata. Nel discorso di inse­dia­mento, il pre­mier ha annun­ciato l’intenzione di for­mare un «governo di emer­genza»: il quarto dopo la vio­lenta ucci­sione del colon­nello Muam­mar Ghed­dafi nell’autunno del 2011. Mai­teg, che ha due set­ti­mane per for­mare il nuovo ese­cu­tivo, ha sot­to­li­neato la neces­sità che ritorni la sovra­nità dello stato sull’intero ter­ri­to­rio libico, di creare isti­tu­zioni mili­tari e di poli­zia, di raf­for­zare il sistema giu­ri­dico, avviare il decen­tra­mento ammi­ni­stra­tivo e un pro­cesso di ricon­ci­lia­zione nazio­nale. Il pre­mier libico, uomo d’affari, appog­giato dai Fra­telli musul­mani, dovrà affron­tare la que­stione delle mili­zie armate e dei gruppi seces­sio­ni­sti, attivi nell’est del paese.

La scorsa set­ti­mana, un gruppo di uomini armati aveva assal­tato il par­la­mento costrin­gendo i depu­tati alla sospen­sione delle vota­zioni per la nomina del nuovo pre­mier su una rosa di sette candidati.

Ma le vio­lenze non si pla­cano nep­pure a Tri­poli. Ieri è stato assal­tato l’archivio cine­ma­to­gra­fico della capi­tale libica. Il pre­zioso con­te­nuto è stato tra­fu­gato da uomini armati, come ha con­fer­mato il mini­stro della cul­tura, Habib Al Amin. Infine, nume­rose asso­cia­zioni per i diritti umani hanno denun­ciato gravi irre­go­la­rità nel pro­cesso in corso con­tro il figlio di Ghed­dafi, Saif al Islam, dete­nuto da 29 mesi in una loca­lità segreta. In par­ti­co­lare, Amne­sty Inter­na­tio­nal lo ha defi­nito un pro­cesso «farsa». Il tri­bu­nale aveva ordi­nato che l’imputato assi­stesse alle udienze via video-link per­ché le mili­zie di Zin­tan si sono rifiu­tate di con­se­gnarlo alle auto­rità libiche.

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