by redazione | 28 Maggio 2014 11:27
I colleghi della fabbrica Fiat Giambattista Vico, i compagni dello Slai Cobas e le compagne del comitato «Mogli degli operai di Pomigliano» affollavano ieri mattina la chiesa della Beata Vergine di Lourdes a Ponticelli, dove si svolgeva il funerale di Maria Baratto. Assunta dal 1989 al montaggio, si è suicidata come altri operai campani del Lingotto.
L’ultimo in ordine di tempo il 5 febbraio, quando si impiccò nella sua abitazione Giuseppe De Crescenzo, anche lui come Maria era stato spedito al reparto confino di Nola. Il Wcl sarebbe dovuto diventare il polo di eccellenza della logistica all’interno dell’Interporto ma dal 2008 a oggi è rimasto un deserto: i 316 operai deportati lì sono rimasti in perenne cassa integrazione, ogni scadenza di cig una sentenza a morte rimandata. La prossima è prevista per il 13 luglio. Stamattina Slai Cobas e Fiom sono in presidio alla regione Campania: voglio sapere se Palazzo Santa Lucia è solo un distributore di ammortizzatori sociali oppure un interlocutore a cui chiedere il rispetto della dignità dei lavoratori.
Maria Baratto si è uccisa martedì scorso con quattro colpi di coltello auto inferti all’addome, l’allarme lo hanno dato le vicine di casa sabato. Si tratta ormai di una lunga a catena di sucidi. Nel 2011 due suoi colleghi si tolsero la vita, sul blog del comitato «Mogli degli operai di Pomigliano» Maria scrisse: «Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti, l’intero quadro politico-istituzionale che, da sinistra a destra, ha coperto le insane politiche della Fiat è responsabile di questi morti insieme alle centrali confederali».
E poi ancora: «Dopo aver lucrato finanziamenti pubblici multimiliardari lo speculatore Marchionne chiude e ridimensiona le fabbriche italiane e delocalizza la produzione all’estero per fare profitti letteralmente sulla pelle dei lavoratori che sono costretti ormai da anni alla miseria di una cassa integrazione senza fine e a un futuro di disoccupazione».
Come sono finiti a Nola lo racconta Manuele Buono: «Se sei al Wcl o sei iscritto allo Slai Cobas o sei un Rcl, uno con ridotte capacità lavorative, oppure hai una causa in corso con la Fiat. Io e Maria le avevamo tutte e tre. La logistica si fa più vicina possibile alla produzione, il Lingotto ci ha spedito a 15 chilometri da Pomigliano perché non ha mai avuto l’intenzione di farci lavorare, solo di liberarsi di noi. Oggi ci vengono a dire che faremo la riparazione dei cassoni, una mansione che avevano 24 operai della Lifi appena licenziati. Vogliamo rientrare al Vico, ci devono ridare la nostra dignità».
Ieri il comitato di lotta cassaintegrati e licenziati si è steso sull’asfalto davanti al Wcl dopo essersi dipinti addome e braccia di rosso: rappresentazione degli effetti mortali della cura Marchionne.
«Gli stabilimenti che dovevano servirsi di Nola (Pomigliano, Cassino e Melfi) si stanno riorganizzando al proprio interno – spiega Francesco Percuoco, responsabile settore auto per la Fiom di Napoli – La Fiat decida se riportare all’interno del Vico i lavoratori oppure organizzare il polo di eccellenza. I contratti di solidarietà intanto vanno estesi anche ai 316 in cassa integrazione da sei anni».
Per ora i contratti di solidarietà riguardano 2 mila operai del Giambattista Vico, che ruotano su 800 postazioni del segmento B e C della Panda: in tutto un giorno di lavoro al mese. Sulle linee di montaggio dove si fa l’utilitaria (a stipendio pieno dal 2010) non ci mettono piede, non sono abbastanza produttivi dice l’azienda, che però fa fare loro la manutenzione degli stampi, incarico per cui ci vuole un’alta professionalità.
Allo stampaggio (settore B) la direzione ha tolto lo straordinario perché ci sono i contratti di solidarietà, però li costringe al 18esimo turno: anticipo di rientro domenica notte con paga ordinaria in deroga al contratto specifico. Così molti stanno restituendo le tessere dei sindacati firmatari. «Il piano industriale appena presentato da Marchionne – conclude Percuoco – dice solo che al Vico nel 2018 arriverà la nuova Panda, che non basta a saturare gli organici. Di una nuova vettura non se ne parla».
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