Venezuela, prove di dialogo della Unasur
Prove di dialogo in Venezuela sotto l’egida di Unasur. La delegazione del blocco regionale è tornata per la seconda volta a Caracas e ha incontrato rappresentanti del governo e dell’opposizione. Per la Mesa de la unidad democratica (Mud) erano presenti esponenti di 10 partiti.
Contrarie le componenti più oltranziste come quella di Maria Corina Machado, che da quasi un mese guidano le proteste violente e chiedono la rinuncia del presidente Nicolas Maduro. Assenti i gruppi di estrema destra come Javu (gemellati con la balcanica Otpor, oggi Canvas), e anche quella frangia di Bandera Roja che non ha scelto il chavismo ma l’alleanza con il campo opposto nonostante la loro origine marxista-leninista.
La Mud dialogante (obtorto collo) ha però dettato condizioni: entrata di un terzo mediatore (il Vaticano), amnistia per gli arrestati del suo campo (vecchi e nuovi) e ritorno degli “esuli” (ex golpisti e banchieri fraudolenti rifugiati a Miami), disarmo dei collettivi di autodifesa (ma non dei paramilitari di estrema destra). Maduro ha accettato la presenza del Vaticano, ma subito è entrata in campo la Conferenza episcopale venezuelana (ultraconservatrice e parte in causa nel colpo di stato contro Hugo Chavez, l’11 aprile del 2002).
Intanto, continua lo scontro di piazza e quello simbolico, messo in scena dai media e dalla rete. Alcuni scatti mostrano un incappucciato che tira sulla polizia con un fucile d’assalto. Un’altra fotografia segue la corsa di una torcia umana, un poliziotto raggiunto da una molotov. Sono dell’Agenzia France press. L’altra faccia del “bacio e la pietra”, diffuso da Reuters a simbolo delle proteste studentesche contro “la dittatura”. Ma subito altre immagini, all’occorrenza amatoriali, spostano di nuovo l’attenzione. Compare un gruppo mascherato che denuda e umilia uno studente. La rettora (di destra) s’indigna. E Twitter apre un rubinetto di corpi, tutti nudi per sostenere la campagna di opposizione.
L’altro ieri, i media privati hanno tuonato contro “i collettivi”, apparentemente scatenati contro un giovane manifestante. Qualche ora dopo, raggiunto sull’ambulanza da un giornalista, il malcapitato ha dichiarato di essere uno studente chavista, aggredito dal campo avverso che voleva dargli fuoco, salvato dall’intervento dei pompieri.
Media e social network entrano a gamba tesa nel conflitto, a seconda del colore di chi li orienta. E il colore dell’informazione, nel Belpaese, non offre sul tema molte sfumature. A rimorchio, anche la “coscienza critica” della sinistra. La scelta di campo è chiara, la narrazione segue il corso inaugurato con le guerre balcaniche “umanitarie”, ne ripete lo schema manicheo che reitera lo stesso messaggio: lasciate manovrare i padroni delle ferriere, questo è il migliore dei mondi possibili, altri esempi sono destinati al fallimento e all’oppressione.
Diciotto elezioni vinte con livelli di partecipazione inimmaginabili in altri paesi? L’innegabile benessere raggiunto dagli strati popolari? Tutto soffocato dal fumo delle barricate e dalla rivolta dei giovani ricchi griffati, portatori di un modello di consumo abbacinante ma precluso alla stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Un modello insostenibile. Eppure, secondo l’incontrovertibile parere di Moises Naim – ex ministro socialdemocratico ai tempi della rivolta del Caracazo contro le misure neoliberiste del suo governo, nonché direttore esecutivo della Banca mondiale e oggi editorialista di El Pais — a essere insostenibile è la parziale rimessa in questione dei rapporti di proprietà attuata dal socialismo bolivariano.
Il quotidiano madrileno ha anche pubblicato l’affermazione del ministro degli Esteri spagnolo, José Garcia Margallo, secondo il quale la Spagna avrebbe sospeso la vendita di materiale antisommossa al Venezuela, perché viola i diritti umani. Notizia ripresa anche dal manifesto, ma smentita “categoricamente” da Caracas: «Margallo — dice il comunicato di Miraflores – non ha l’autorità morale per dare consigli su violenza e dialogo, quando il mondo è stato testimone di come il suo governo abbia risposto al popolo spagnolo che protestava contro le politiche di esclusione e di negazionedei diritti umani».
Sulle colonne di Venezuela al Dia (prodotto a Miami), tuttavia anche Naim si dice preoccupato dalla violenza che sta sfuggendo di mano alle destre, e cerca di smarcarsi. I fratelli Richard e Chamel Akl, arrestati con armi ed esplosivo in un furgone blindato nell’est di Caracas, sono contractor, dirigono la filiale venezuelana della Risk Incorporated. Un’impresa di ex militari in pensione, che in Messico addestrava i poliziotti a torturare.
«Dobbiamo aspettarci una fase di violenza selettiva e terrorismo», ha detto il ministro Miguel Rodriguez Torres. Il copione è anticipato nei documenti del Frente de resistencia vecinal Marabunta, visibili anche su Youtube.
Related Articles
La Tunisia di nuovo in rivolta, contro carovita e povertà
Sette anni dopo. È rivolta contro la legge finanziaria, con scontri, saccheggi e un morto
L’affaire Benalla e i suoi effetti sul presidente e il neoliberismo
Macronia, terra di Francia: dal mito della “Start up nation” alle violenze contro i manifestanti. Il caso di Alexandre Benalla
LA FERGUSON DI CASA NOSTRA
ADESSO anche l’Italia ha la sua Ferguson. Un inseguimento che parte da Rione Traiano, periferia sud-est di Napoli, e si ferma presto, a Fuorigrotta. UN INSEGUIMENTO che finisce in tragedia