by redazione | 8 Aprile 2014 9:57
MOSCA — Le autorità di Kiev ne sono assolutamente convinte: nell’ Est del paese, dove manifestanti accompagnati da uomini armati e mascherati occupano diversi edifici pubblici, si sta ripetendo lo scenario della Crimea. Una interpretazione che sembra essere condivisa dagli Stati Uniti che hanno ammonito il Cremlino a smetterla di destabilizzare il vicino e hanno minacciato nuove sanzioni. In un colloquio telefonico, il segretario di Stato Kerry e il ministro degli esteri Lavrov avrebbero anche parlato di possibili prossimi colloqui fra Usa, Russia e Ucraina per tentare di risolvere la questione.
Il fatto è che a Donetsk, Kharkov, Lugansk (Kharkiv e Luhansk in ucraino) la situazione è assai tesa, mentre alle frontiere il contingente russo forte di 40 mila uomini non ha subito «significative» riduzioni. È stato solo ritirato un reggimento.
E, come avvenne nei giorni precedenti all’intervento in Crimea, le televisioni russe forniscono un quadro della situazione che sarebbe difficile definire oggettivo: folle in piazza in tutte le città (sono quelle di domenica ma le immagini sono state trasmesse ieri senza alcuna precisazione), richieste appassionate di intervento da parte di ucraini russofoni visibilmente agitati: «venite, venite qui con tutti i mezzi, con le auto, in qualsiasi modo. Abbiamo bisogno del vostro aiuto». Un appello che è stato ripetuto al canale tv Rossya 1 anche da uno degli uomini armati che hanno occupato vari edifici pubblici. I manifestanti che proclamano l’indipendenza della regione da Kiev, vogliono tenere un referendum entro l’11 maggio e chiedono a Mosca di mandare «truppe di pace», proprio come quelle che hanno preso in consegna la Crimea.
Mentre sembrava che le cose avessero imboccato la strada della trattativa tra Stati Uniti, Europa e Russia, da domenica tutto ha iniziato ad accelerare nella direzione più preoccupante. E non sembra un caso che anche le altre zone di questa parte del continente dove ci sono forti minoranze russe siano in fermento. Il presidente della Transdnistria, autoproclamatasi indipendente da due decenni, chiede alla Moldavia di comportarsi in maniera «ragionevole» e riconoscere Tiraspol come capitale di uno Stato sovrano. Forse perché sul suo territorio ci sono da sempre 1700 peacekeeper russi?
Inquieti anche i paesi baltici, nonostante ormai facciano parte della Nato. Lettonia e Lituania hanno oscurato i principali canali tv russi che, secondo le autorità, trasmettono programmi «miranti a incitare alla discordia» le minoranze russe.
A Donetsk, dove ieri è arrivata Yulia Tymoshenko per tentare di riportare la calma, le autorità sono convinte che sia in atto un tentativo organizzato nei minimi dettagli da forze estere. E hanno anche arrestato diverse persone, tra le quali un russo, presunto agente del Gru, il servizio segreto militare di Mosca.
Sale anche la tensione in campo economico. L’Ucraina non ha pagato gli arretrati di 2,2 miliardi di dollari a Gazprom, nonostante un ultimatum e ora il fornitore di metano russo potrebbe interrompere il flusso del gas. Il nuovo prezzo richiesto a Kiev è fuori mercato, 485 dollari per mille mc contro i 380 chiesti ai clienti europei. Ma Kiev ha poche alternative. Adesso ha deciso di provare a chiedere i danni alla Russia per essersi presa la Crimea: il ministro dell’Ambiente ha detto che il suo paese ha perso risorse e infrastrutture del valore di 8 miliardi di euro. E ha preannunciato un ricorso alle corti internazionali. Ma Mosca risponde invitando i vicini a non accusarla per i propri guai. E chiede che l’Ucraina diventi uno stato federale militarmente non-allineato e che assicuri uno status speciale per la lingua russa.
Fabrizio Dragosei
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