Svolta sulla Thyssen, pene da rivedere

Svolta sulla Thyssen, pene da rivedere

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ROMA Appello da rifare per rideterminare le pene inflitte ai manager. Il processo per il rogo della Thyssen torna indietro di una casella. È quasi mezzanotte quando i giudici della corte di cassazione scrivono un nuovo capitolo della strage che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 costò la vita a sette operai dell’acciaieria torinese. I magistrati della suprema corte hanno comunque confermato l’impianto accusatorio della corte d’appello, che aveva condannato sei dirigenti della Thyssen (tra cui l’ex amministratore delegato Herald Espehnhan) a pene che vanno dai 7 ai 10 anni di reclusione per omicidio colposo (derubricando le accuse di primo grado, che invece aveva inflitto pene fino a 16 anni per omicidio volontario). Hanno però deciso di rinviare ai giudici di secondo grado il processo per portare a una diversa determinazione delle pene, probabilmente al ribasso. Una scelta che segue alla decisione di annullare senza rinvio la parte della sentenza riguardante alcune circostanze aggravanti.
La giornata si era aperta con una requisitoria del procuratore generale che confermava la tesi dell’omicidio colposo. «Quello della Thyssen fu un episodio gravissimo di perdita di vite umane ma non fu omicidio volontario».
Così è iniziato l’intervento di Carlo Destro che pur ritenendo congrue le pene inferiori dell’appello, ha stigmatizzato i comportamenti dei vertici aziendali «improntati al risparmio» e studiati «per far prevalere la logica del profitto anche a scapito di chi lavorava in condizioni di grande criticità». Il pg ha spiegato che gli incendi erano quotidiani e che, certamente, in quelle condizioni venivano trascurate anche cose minute come le pulizie dello stabilimento.


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