Statali, il governo prepara il decreto Duello sulla fiducia al pacchetto lavoro

Statali, il governo prepara il decreto Duello sulla fiducia al pacchetto lavoro

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ROMA — Decreto lavoro e riforma della Pubblica amministrazione. Sono i due ostacoli che il governo dovrà superare questa settimana. Si attende intanto la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto legge varato venerdì dal Consiglio dei ministri, altrimenti aziende e amministrazioni pubbliche non potranno partire con l’elaborazione delle nuove busta paga per dare, da maggio, 80 euro netti in più a chi ha redditi tra 8 e 24 mila euro lordi annui.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi rientra oggi a Roma da Pontassieve, dove ha trascorso la Pasqua con la famiglia, e riprende in mano i principali dossier. Quello che lo preoccupa meno, nonostante le proteste del Nuovo centrodestra, è il decreto legge lavoro, che liberalizza i contratti a termine e toglie alcuni vincoli all’apprendistato. Oggi il provvedimento arriva in aula alla Camera, dopo aver subito importanti modifiche nella commissione Lavoro volute dalla sinistra del Pd, maggioritaria nella stessa commissione. Sono così passate la riduzione da 8 a 5 delle proroghe possibili sul contratto a termine e la reintroduzione dell’obbligo di assumere parte degli apprendisti (il 20% nelle aziende con più di 30 dipendenti) prima di prenderne altri. Modifiche contro le quali si è schierato, senza successo, l’alleato di governo Ncd. Quasi certamente il governo chiederà il voto di fiducia sul testo uscito dalla commissione. Una mossa che Ncd ha già messo nel conto. Tanto è vero che Sergio Pizzolante, membro della commissione, avverte: «Se l’esecutivo dovesse mettere la fiducia, lo scontro si sposterà al Senato, dove gli equilibri sono diversi». E il presidente dei senatori Ncd, Maurizio Sacconi, aggiunge: «Ribadiremo lungo l’iter del provvedimento la necessità di cancellare le modifiche fatte dal Pd a Montecitorio.
Renzi è sicuro che alla Camera non corre rischi e, come ha già fatto Poletti, difende il nuovo testo del decreto: scendere da 8 a 5 proroghe sui contratti a termine, «ci sta», ha detto ai suoi, e comunque si tratta di dettagli, secondo il premier, mentre il cuore della riforma del lavoro sta nel disegno di legge delega che accompagna il decreto, il cosiddetto Jobs act che tra l’altro prefigura l’introduzione del contratto d’inserimento a tutele crescenti, delega che Renzi vorrebbe il Parlamento approvasse in tempi rapidi.
Nei prossimi giorni il presidente del Consiglio metterà a punto con il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, la riforma della pubblica amministrazione. Obiettivo: semplificare e modernizzare. Renzi punta a dare a tutti i cittadini un Pin di accesso via Internet per il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche. Un altro segnale, insieme al bonus e allo sblocco degli investimenti per le scuole, per allargare il consenso attorno al governo e al Pd in vista delle elezioni europee.
Ma la riforma della Pubblica amministrazione potrebbe riservare sorprese amare per i dirigenti pubblici, che pensavano di averla fatta franca rispetto alle ipotesi di taglio della retribuzione contenute nelle bozze del decreto di venerdì e che sono state cancellate dal testo approvato. Era prevista non solo la riduzione del tetto massimo di stipendio annuo (da 311mila a 240mila euro lordi) per i dirigenti apicali e i top manager delle società pubbliche non quotate (escluse Poste, Ferrovie e Cassa depositi e prestiti perché emettono obbligazioni) ma si fissavano anche tetti ai dirigenti di seconda fascia e nelle prime bozze si toccavano perfino le retribuzioni dei quadri. Ipotesi che sono state scartate per l’opposizione del ministro Madia, che resta contraria ai tagli lineari. Potrebbero però arrivare il blocco della parte di retribuzione dei dirigenti legata all’indennità di posizione, in attesa di una revisione delle stesse, e più in generale una stretta sulla parte variabile, anche questa soggetta alla riforma dei criteri di determinazione. Finora i premi ai dirigenti sono stati distribuiti a pioggia. Il governo vorrebbe darli solo ai meritevoli.
Sono intanto in apprensione, in attesa di leggere il decreto in Gazzetta, i top manager delle società pubbliche di seconda fascia (per esempio, l’Enav) e terza (tipo Italia lavoro) che dovrebbero aver subito anche loro il taglio del tetto, rispettivamente da 249mila a 192mila e da 155mila a 120mila euro.
Enrico Marro



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