Siria, nuovi attacchi con il gas Accuse tra regime e ribelli
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Mancano 79 giorni al 30 giugno e delle 1.300 tonnellate di agenti chimici conservate dall’esercito siriano nei depositi solo poco più della metà è stato consegnato agli ispettori delle Nazioni Unite. È difficile che Bashar Assad riesca a rispettare la data fissata dal Consiglio di sicurezza in uno dei pochi voti all’unanimità da quando la rivolta contro il regime è sprofondata nella guerra che ha già causato oltre 150 mila morti.
Il governo di Damasco e i ribelli non hanno smesso di accusarsi per l’attacco del 21 agosto 2013: almeno 1.300 vittime e le immagini dei bambini che soffocavano nella bava bianca. Sotto la minaccia del bombardamento americano e scortato dai suggerimenti degli alleati russi, Assad ha accettato di rinunciare al suo arsenale. I suoi generali non sembrano aver rinunciato al vantaggio militare offerto dai gas tossici. Non più il sarin che sarebbe stato utilizzato l’estate scorsa ma pesticidi o altre sostanze chimiche: considerate non letali, abbastanza per terrorizzare e far arretrare i ribelli senza preoccuparsi del possibile effetto sui civili.
È quello che sarebbe successo il 27 marzo alla periferia della capitale, secondo una fonte dell’intelligence israeliana, ed è quello che sarebbe accaduto in due attacchi tra venerdì e sabato. Il primo nella stessa zona colpita a marzo, la città di Harasta, dove i palazzoni di Damasco diventano campagna: gli insorti raccontano di centinaia di persone con i sintomi dell’avvelenamento. Il secondo raid chimico avrebbe bersagliato il villaggio di Kfar Zita, nella provincia di Hama, e avrebbe causato due morti e centinaia di feriti.
La televisione del regime accusa i miliziani fondamentalisti del Fronte al-Nusra e sostiene che starebbero preparando un nuovo attacco con il gas cloro sempre nell’area di Hama senza spiegare come avrebbe ottenuto l’informazione. Gli attivisti invece raccontano che i fumi giallastri si sarebbero sprigionati dopo l’esplosione di proiettili lanciati dal regime.
Gli oppositori invocano un’inchiesta delle Nazioni Unite. Il problema è che gli ispettori dell’Onu possono intervenire solo se la richiesta arriva da un Paese aderente alla convenzione sulle armi chimiche. «Assad continua a violare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza — dice Monzer Akbik, tra i leader dell’opposizione, al quotidiano britannico Guardian —. La comunità internazionale deve agire per proteggere i civili».
Anche senza l’uso di agenti tossici, la guerra va avanti. I morti di venerdì — conteggiati dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’Onu ha smesso di contarli — sono quasi 270. L’esercito regolare continua a usare quelle che vengono chiamate «botti bomba» sganciate dagli elicotteri a pochi metri dai tetti delle case.
Davide Frattini
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