Scambio di embrioni Le coppie coinvolte sono diventate sei
ROMA — Sono almeno sei, e non quattro come sembrava, le coppie che si sono sottoposte il 4 dicembre nel «Sandro Pertini» a inseminazione artificiale (chiamato «transfer»). Il giallo si infittisce: al prelievo della saliva per estrarre il Dna sono chiamate solo quattro coppie. La quinta è quella dalla quale ha preso inizio lo scandalo dei gemellini che non hanno i caratteri genetici dei genitori: i loro documenti, già custoditi nel Sant’Anna (centro pubblico), sono stati chiesti per essere confrontati proprio con il patrimonio genetico dei feti. Le verifiche sono curate dalla Commissione di esperti voluta dalla Regione Lazio. Domani si capirà a chi appartiene l’embrione. Ma a sorpresa spunta una sesta coppia, composta da due impiegati romani, che presenta una denuncia alla Procura allegando anche la ricevuta di pagamento del trattamento eseguito il 4 dicembre. Nel registro della Asl Roma-B, che comprende anche il Pertini, però, non risulta che la donna si sia sottoposta a inseminazione lo stesso giorno. In serata l’avvocato Pietro Nicotera smentisce che i suoi assistiti siano stati invitati per il test. «Questa coppia non fa parte di quelle che sono state chiamate perché non ha fatto il “transfer” il 4 dicembre», spiega Vitaliano De Salazar, direttore generale della Asl Roma-B. I documenti, però, dimostrano il contrario e fanno emergere nuovi dubbi.
Comunque gli ispettori mandati dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, terminano le verifiche sulle procedure adottate nel centro di «Fisiopatologia della riproduzione e della sterilità» dell’ospedale e oggi consegnano una relazione alla titolare del dicastero. «Questo incidente rischia di creare un clima di confusione e di preoccupazione in tanti cittadini coinvolti, anche nel passato, in percorsi di procreazione assistita (Pma) — osserva il ministro —. E comunque queste terapie in Italia seguono un rigore standard elevato, stabilito da specifiche normative recepite da direttive europee».
Intanto la Commissione guidata da Giuseppe Novelli, rettore dell’Università Tor Vergata e noto genetista, convoca le quattro coppie in tarda mattinata: per eseguire i test sulla saliva i tecnici impiegano pochi minuti. Preoccupazione, ansia e nervosismo trapelano dagli sguardi e dai comportamenti di chi sta vivendo un autentico incubo. «Cercano serenità», sussurra un camice bianco che li incontra. I tamponi vengono portati nel laboratorio diretto da Novelli nel Policlinico Tor Vergata. Oggi iniziano le analisi. Da lì si estrarrà il patrimonio genetico per i confronti. Dal canto suo la Asl Roma-A invia pure una relazione tecnica alla Commissione di Novelli per spiegare le procedure e i successivi controlli eseguiti nel Sant’Anna, altamente specializzato nell’assistenza materno infantile dove è stata scoperta i primi di marzo la non corrispondenza tra il Dna dei genitori e quello dei gemellini al termine di una «villocentesi». Questo test, come è stato spiegato, è indispensabile per scongiurare malformazioni sui feti. «Noi non abbiamo commesso errori», taglia corto Camillo Riccioni, direttore generale della Asl Roma-A. Domani la verità su chi siano i genitori biologici dei gemellini. Individuare dove sono stati commessi errori sarà più complesso.
Francesco Di Frischia
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