Sanzioni, colpito lo zar del petrolio russo
BRUXELLES — Stati Uniti e Unione Europea estendono le sanzioni orientate a colpire il sistema di potere politico-finanziario del presidente russo Vladimir Putin, considerato responsabile del clima destabilizzante provocato dal massiccio dispiegamento di militari di Mosca ai confini con l’Ucraina. Nel mirino Usa stavolta è finito il numero uno del colosso petrolifero Rosneft, Igor Sechin, uno dei più potenti fedelissimi di Putin. Più prudente — come al solito — appare l’azione dell’Ue, che ha ben altro da perdere rispetto agli Stati Uniti in un confronto destinato a condizionare tanto, dalle forniture energetiche fino all’interscambio commerciale. Nella riunione a Bruxelles degli ambasciatori dei 28 Paesi membri è stato trovato l’accordo sul congelamento dei beni e sul blocco dei visti per 15 persone da rendere note sulla Gazzetta Ufficiale Ue oggi, che fa salire a 48 i nomi della «lista nera» dell’Europa.
Il Cremlino ha annunciato ritorsioni «dolorose» per Washington, criticando la politica delle sanzioni promossa dagli Usa perché basata su valutazioni «assolutamente distorte» di quanto è accaduto in Ucraina dall’annessione della Crimea alla Russia. Mosca ha anche giudicato «irresponsabile» l’invio della missione esplorativa dell’Osce nell’Ucraina dell’Est, che è stata presa in ostaggio dalle forze filorusse in un’area dove continuano atti violenti e tensioni. Ieri colpi d’arma da fuoco hanno ferito il sindaco di Kharkiv Gennadi Kernes.
Contemporaneamente la Nato sta dispiegando la sua azione militare di controllo nei Paesi Baltici, dove è forte la preoccupazione per le possibili conseguenze di una mancata composizione della crisi Ucraina tra Ue/Usa e Mosca. Caccia militari britannici hanno iniziato a sorvolare lo spazio aereo tra Lituania, Lettonia ed Estonia. Forze Usa, dopo le prime esercitazioni in Polonia, ora operano anche sul territorio estone. La Russia ha comunque ribadito di non aver intenzione di invadere l’Ucraina. Lo afferma il Pentagono riferendo di una conversazione telefonica fra il ministro della Difesa americano, Chuck Hagel, e il suo omologo russo Sergei Shoigu. Hagel durante il colloquio ha tuttavia messo in evidenza come la situazione resti «pericolosa».
Inizialmente c’era l’aspettativa che le sanzioni del presidente Usa Barack Obama potessero colpire Alexei Miller, il numero uno del colosso del gas russo Gazprom, molto vicino a Putin. Poi sono spuntati Sechin, Vyacheslav Volodin, considerato lo statega delle campagne elettorali di Putin, Sergei Chemezov, che controlla imprese di alta tecnologia, il generale Eugheny Murov, responsabile della sicurezza del presidente, Oleg Belavencev, inviato del Cremlino in Crimea, Dimitri Kozak, vicepresidente della Federazione russa, e il deputato Alexei Pushkov.
Nella «lista nera»sono state incluse 17 società considerate importanti nell’apparato di sostegno finanziario a Putin e con diramazioni in paradisi fiscali come Lussemburgo o Cipro. Alcune apparterrebbero a Gennadi Timchenko, al banchiere Yuri Kovalchuk e ai fratelli Boris e Arkadi Rotenberg, inseriti nelle precedenti azioni sanzionatorie Usa.
Gli Stati Uniti si sono offerti di sostituire con il loro gas di scisto l’eventuale blocco delle forniture russe. Ma a Bruxelles preoccupa una possibile interruzione degli approvvigionamenti energetici all’Ucraina. L’Europa procede con prudenza anche per favorire una dilazione nel debito miliardario accumulato dal governo di Kiev con Gazprom, che altrimenti dovrebbe essere pagato con i fondi Ue promessi per risollevare un Paese vicino al collasso. Gli effetti economici delle tensioni esplose dall’annessione della Crimea iniziano a farsi sentire perfino in Germania e in altri Paesi membri, dove si registra una flessione dell’export verso partner russi. Per l’economista Nouriel Roubini, un blocco delle forniture energetiche potrebbe colpire la fragile ripresa della zona euro e portare verso la recessione.
Ivo Caizzi
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