Sanità, i tagli uccidono la salute, Italia a rischio fallimento

by redazione | 17 Aprile 2014 9:55

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Se l’importante è la salute, gli ita­liani stanno benino ma in futuro sta­ranno peg­gio. Per­ché se da un lato l’Italia destina sem­pre meno soldi al Ser­vi­zio Sani­ta­rio Nazio­nale (Ssn), dall’altro la spesa delle fami­glie per acqui­stare far­maci o pagare tic­ket con­ti­nua ad aumen­tare. Per­ché medici e infer­mieri stanno scap­pando dagli ospe­dali per andare a lavo­rare all’estero (5 mila solo negli ultimi 4 anni), oppure per­ché gli ospe­dali del sud sono un buco nero e non solo nei bilanci (sono in aumento i “viaggi della salute” verso il nord). Uno squi­li­brio che si tra­duce in minore aspet­ta­tiva di vita rispetto ai cit­ta­dini del nord: tra gli uomini 78,8 anni con­tro il 79,7, tra le donne 83,9 con­tro 84,7. E ancora: per­ché la pre­ven­zione stenta e lo stile di vita degli ita­liani è poco salu­ti­sta e per­ché anche la salute è una que­stione di classe, come l’istruzione, e l’equità nelle cure è un obiet­tivo non più alla por­tata di un sistema che sana gli squi­li­bri con tagli lineari per gestire la spesa. Li chia­me­ranno risparmi, milioni di per­sone ne paghe­ranno le conseguenze.

Que­sta, in estrema sin­tesi, è l’analisi trac­ciata dall’undicesimo rap­porto Osser­va­sa­lute 2013 pre­sen­tato ieri a Roma. Un lavoro che ha coin­volto 165 esperti di sanità pub­blica di disci­pline non solo mediche.

Ogni sin­golo indi­ca­tore preso in esame non può pre­scin­dere dal qua­dro eco­no­mico che “impone” una con­si­stente con­tra­zione di risorse per la sanità pub­blica. Un dogma buono per tutti i governi. Del resto sono tagli che hanno già pro­vo­cato danni: la spesa è dimi­nuita da 100,3 miliardi di euro nel 2009 a 100,1 nel 2010, un calo che si è raf­for­zato nel 2012 con un taglio dell’1,8% di spesa rispetto al 2011. In caduta anche la remu­ne­ra­zione del per­so­nale sani­ta­rio, scesa a 36,14 miliardi nel 2011 (meno 1,4% rispetto al 2010). Logico poi che il costo della salute sia già stato sca­ri­cato sulle spalle delle fami­glie: la spesa soste­nuta da ogni cit­ta­dino per acqui­stare far­maci o acce­dere alle cure è più che rad­dop­piata in meno di dieci anni, pas­sando da 11,3 euro nel 2003 a 23,7 nel 2012. “La ridu­zione della spesa pub­blica per con­te­nere il debito e rispet­tare i vin­coli di bilan­cio con­cor­dati con l’Europa — ha spie­gato Wal­ter Ric­ciardi, diret­tore di Osser­va­sa­lute — met­tono a rischio l’intero sistema di wel­fare ita­liano. Se pre­var­ranno gli inter­venti basati su tagli lineari potremmo avere seri pro­blemi a man­te­nere gli attuali stan­dard della sanità pubblica”.

Secondo Ric­ciardi, i risparmi che oggi sem­brano obbli­gati rischiano di mol­ti­pli­care la spesa sani­ta­ria nei pros­simi anni. Da qui la neces­sità di pren­dere deci­sioni facen­dosi sup­por­tare da dati rigo­rosi “per evi­tare una cata­strofe sociale già all’orizzonte”. Per il diret­tore “si tratta di una sfida da vin­cere a tutti i costi per poter rispon­dere alle incal­zanti domande di un futuro pros­simo carat­te­riz­zato da un innal­za­mento dell’età media della popo­la­zione, dal con­se­guente aumento delle pato­lo­gie cro­ni­che inva­li­danti e quindi da una mag­giore richie­sta di ser­vizi, a fronte però di risorse eco­no­mi­che ed umane sem­pre più esi­gue”. Il mes­sag­gio è chiaro, nes­suno può accon­ten­tarsi del fatto che oggi la popo­la­zione vive sem­pre di più, anche per­ché sarebbe intol­le­ra­bile assi­stere a una inver­sione di tendenza.

La grande “strut­tura” sani­ta­ria tutto som­mato ancora tiene e lo si capi­sce da alcuni indi­ca­tori, come il calo della mor­ta­lità per malat­tie car­dio­cir­co­la­to­rie: dal 2006 al 2010 i tassi di mor­ta­lità per i maschi sono calati da 41,1 a 37,2 per 10 mila per­sone (per le fem­mine da 28,4 a 26). Signi­fica che la pre­ven­zione ospe­da­liera fun­ziona bene, ma c’è poco da star tran­quilli sugli stili di vita della popo­la­zione: a fronte di un pic­colo calo dei fuma­tori (dal 22,8% nel 2010 al 21,9% nel 2012) e dei con­su­ma­tori a rischio di alcol (12,5% nel 2011 con­tro il 13,4% nel 2010), si riscon­tra un aumento delle per­sone in sovrap­peso. Indice di cat­tiva ali­men­ta­zione e poca atti­vità fisica: è in sovrap­peso il 27% dei minori tra i 6 e i 17 anni e il 46% degli over 18. Meno di un ita­liano su quat­tro pra­tica sport in maniera costante. Ma è il con­sumo di alco­lici, ammet­tono gli ope­ra­tori sani­tari, la sfida più dif­fi­cile da vin­cere. I bevi­tori forti riman­gono una costante. Un altro indi­ca­tore col segno posi­tivo riguarda gli inci­denti stra­dali: nel 2012 quelli con lesioni alle per­sone sono stati 186.726, ne hanno uccise 3.653 e ne hanno ferite 264.716 (rispetto all’anno pre­ce­dente c’è stata una dimi­nu­zione del 9,2%).

L’indice di vec­chiaia della popo­la­zione, invece, costringe a una rifles­sione sul futuro dell’Italia e sulla scia­gu­rata ipo­tesi di tagliare le spese per la salute di una popo­la­zione che sarà sem­pre più “biso­gnosa”, anche per­ché non auto­noma eco­no­mi­ca­mente: ogni 100 gio­vani sotto ai 15 anni di età ci sono circa 150 per­sone che hanno dai 65 anni in su. Solo gli stra­nieri “rin­gio­va­ni­scono” il paese, gra­vando in misura minore sulle casse del Ssn.

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