Il Ruanda esclude Parigi dalla commemorazione

Il Ruanda esclude Parigi dalla commemorazione

Loading

Alla com­me­mo­ra­zione del ven­ten­nale del geno­ci­dio dei tutsi in Ruanda, ieri allo sta­dio Ama­horo («pace») di Kigali, la Fran­cia era assente. Due giorni prima, in un’intervista al set­ti­ma­nale Jeune Afri­que, il pre­si­dente Paul Kagame aveva di nuovo accu­sato Parigi di aver avuto un «ruolo diretto» nel mas­sa­cro di 800mila per­sone, «nella pre­pa­ra­zione poli­tica del geno­ci­dio e la par­te­ci­pa­zione alla sua stessa ese­cu­zione» (Kagame accusa anche il Bel­gio, ex potenza colo­niale, ma Bru­xel­les era pre­sente alla com­me­mo­ra­zione). Parigi ha così annul­lato la pre­vi­sta pre­senza della mini­stra della Giu­sti­zia, Chri­stiane Tau­bira, e Kagame ha rifiu­tato di acco­gliere al suo posto l’ambasciatore fran­cese in Ruanda.

Per il pre­si­dente del Ruanda, i sol­dati fran­cesi dell’operazione Tur­quoise, sono stati «com­plici e pro­ta­go­ni­sti» del geno­ci­dio. Erano stati inviati nel giu­gno del ‘94, quando era ancora in corso il mas­sa­cro sca­te­nato il 6 aprile ’94 dalla morte dell’allora pre­si­dente Habya­ri­mana nell’abbattimento dell’aereo che lo ripor­tava da Aru­sha a Kigali. La Fran­cia rigetta que­sta ver­sione. A Parigi ci sono state varie inchie­ste giu­di­zia­rie – una è ancora in corso — e una mis­sione d’informazione par­la­men­tare, che aveva con­cluso che c’erano stati «errori di apprez­za­mento» e «disfun­zioni isti­tu­zio­nali», pur negando il coin­vol­gi­mento dei mili­tari fran­cesi al fianco degli hutu, tra­di­zio­nali alleati di Parigi.

Negli ultimi anni, la Fran­cia aveva cer­cato di rian­no­dare le rela­zioni diplo­ma­ti­che con Kigali, anche se Parigi ormai ha perso molto del suo potere in un paese che da fran­co­fono è ormai diven­tato anglo­fono. Meno di un mese fa, c’è stato il primo pro­cesso a un respon­sa­bile ruan­dese del geno­ci­dio, rifu­gia­tosi in Fran­cia e con­dan­nato al car­cere. Ma resta una grande parte d’ombra sul pas­sato. Quando nel ’90 è scop­piata la guerra civile in Ruanda, la Fran­cia aveva appog­giato il regime di Habya­ri­mana al potere, che com­bat­teva i ribelli tutsi del Fronte patriot­tico ruan­dese (Fpr) di Kagame, soste­nuti dall’Uganda. I mili­tari fran­cesi hanno adde­strato dei sol­dati ruan­desi e per­messo a Habya­ri­mana di man­te­nersi al potere.

Una prima inchie­sta in Fran­cia sull’implicazione dei mili­tari dell’operazione Tur­quoise, con­dotta dal giu­dice anti-terrorismo Jean-Louis Bru­guière, è stata tutta a carico del nuovo regime di Kigali: l’Fpr e Kagame erano stati giu­di­cati respon­sa­bili dell’attentato a Habya­ri­mana. Una tesi inso­ste­ni­bile, che è ora con­trad­detta dalla nuova inchie­sta in corso, con­dotta con più rigore dal giu­dice Marc Tré­vi­dic. Ma Bru­guière nel 2006 aveva emesso nove man­dati d’arresto, che col­pi­vano per­so­na­lità dell’attuale potere tutsi a Kigali. Il Ruanda aveva rotto allora le rela­zioni diplo­ma­ti­che. Alcuni anni dopo, c’era stato un ten­ta­tivo di riav­vi­ci­na­mento, cul­mi­nato con il viag­gio di Sar­kozy in Ruanda nel 2010. Hol­lande aveva ripreso la stessa strada. Ma la ripresa delle accuse a Parigi da parte di Kagame hanno fatto in que­sti giorni arre­trare di anni lo stato delle relazioni.

Ieri, il segre­ta­rio gene­rale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ammesso che «in 20 anni la ver­go­gna delle Nazioni unite non è stata can­cel­lata». Difatti esi­ste anche una respon­sa­bi­lità dell’Onu, che non ha visto – o voluto vedere – cosa si stava pre­pa­rando e poi non ha capito che era in corso un geno­ci­dio, il terzo del XX secolo.

Adesso, solo l’apertura degli archivi fran­cesi potrebbe per­met­tere di fare luce su que­sta tra­ge­dia e sulle respon­sa­bi­lità. Ma finora la Fran­cia ha cer­cato di guar­dare altrove, tanto più che c’è stata una col­la­bo­ra­zione mili­tare con Kigali, sia in Mali che in Cen­tra­frica, dove Parigi man­tiene le sue truppe.


Tags assigned to this article:
Genocidio in Ruanda

Related Articles

Scala, buonina la prima

Loading

Sant’Ambrogio. Mai sotto tono come quest’anno la serata che inaugura la stagione del teatro alla Scala. Dopo la defezione del capo dello Stato, anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi declina l’invito risparmiandosi la più tradizionale delle contestazioni. Solo la piazza, blindata come sempre, rimanda qualche sprazzo di luce in una Milano più spenta del solito

Artisti e start-up: l’Iran che tifa Rouhani

Loading

Teheran è in piena ebollizione E la classe media «punita» da Ahmadinejad spera che i negoziati aprano il Paese

E ora Broadway racconta Jobs “Una grande occasione mancata”

Loading

A teatro arriva lo show sul genio della Apple.  In scena a New York un monologo di Mike Daisey, che illumina anche i lati oscuri della Mela. Tributo al culto per il mondo degli iPhone. Ma anche inchiesta sullo sfruttamento capitalistico. Con i suoi lavori di denuncia l’attore è una sorta di Michael Moore del palcoscenico. Progettato prima della morte del guru, lo spettacolo è frutto di una lunga ricerca 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment