Pillola abortiva e niente visita la donna denuncia il medico obiettore

by redazione | 24 Aprile 2014 8:58

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GENOVA Un ginecologo obiettore è sotto indagine all’ospedale San Martino-Ist: ha rifiutato di fare un’ecografia di controllo ad una paziente, per verificare se la pillola abortiva RU 486 aveva avuto effetto e poterla così dimettere. Salvatore Felis, 57 anni, rischia sanzioni disciplinari che vanno dall’ammonimento verbale alla sospensione dal servizio ma potrebbe non essere il solo. «Nella ricostruzione che ci è stata inviata dal primario del reparto c’è un vuoto tra le nove del mattino, quando la paziente è arrivata in ospedale, e le cinque del pomeriggio, quando è stata allertata la direzione sanitaria: cosa è successo in quelle ore? La cosa non è chiara», dice Mauro Barabino, il direttore generale del San Martino Ist. Ha aperto un’indagine e oggi ha convocato la direzione sanitaria e il primario. Vuole capire perché, il sabato prima di Pasqua, il 19 aprile, una ragazza di 19 anni è entrata nel reparto di ginecologia e ostetricia per prendere l’ultimo farmaco previsto dal protocollo per la Ru 486 ed è rimasta per mezza giornata in corsia, in attesa dell’ecografia. L’unico medico in servizio era un obiettore di coscienza che si era rifiutato di intervenire. La ragazza alle cinque del pomeriggio, non avendo visto altri medici, ha chiamato la polizia. Solo quando sono arrivati gli agenti è stato chiamato un ginecologo non obiettore e in ospedale è arrivato anche il primario. A quel punto è stata dimessa. La vicenda rimette in ballo il diritto all’aborto. In quella divisione di ginecologia e ostetricia, nata dall’accorpamento tra due reparti, uno ospedaliero e uno universitario, ci sono due primari e 15 ginecologi di cui 10 obiettori. Il sabato prima di Pasqua in reparto c’è un solo ginecologo ed è un obiettore. Perché non ha chiamato un collega? E poi, non si trattava soltanto di fare un’ecografia di controllo? «Si trattava di partecipare alle procedure abortive — dice il medico obiettore — La procedura per la somministrazione della RU 486 equivale all’aborto chirurgico. Quello era un atto unico, questo si compone di tre tappe: il primo giorno si somministra la pillola abortiva, il terzo giorno si fa un’eco di controllo, si somministra un altro farmaco e poi si ripete l’ecografia per dimettere la paziente». E
allora perché non ha chiamato un collega non obiettore? «In ospedale ero solo». Non ha parlato con nessuno? «Al mattino, quando è arrivata la ragazza, le infermiere sono venute a dirmi che c’era da somministrare il farmaco del terzo giorno. Ho detto subito che non potevo occuparmene: sono obiettore e la legge prevede la denuncia penale e la radiazione dall’albo».
Claudio Gustavino, il primario, anche lui obiettore, la vede in un altro modo: «Non pensavo che il collega si ostinasse nel non vedere la paziente anche dopo che la procedura era compiuta. Si trattava solo di fare l’ecografia e dimetterla. La “194” per l’obiezione si riferisce alle procedure di interruzione di gravidanza, ma ciò che accade prima e dopo è assistenza». Dunque? «Credo che chiunque fosse stato di turno avrebbe chiamato il collega reperibile o avrebbe trovato altri modi senza far arrivare le forze dell’ordine », dice Gustavino. Ma la responsabilità di un servizio che mette a rischio il diritto all’aborto? «Con i turni facciamo fatica: abbiamo 10 obiettori e 5 non obiettori che non riescono a coprire tutti i turni, ma finora non avevamo mai avuto difficoltà. In alcuni momenti è più difficile ma la visita di dimissione mi sembrerebbe appartenere al buonsenso». Ma davvero Felis non aveva parlato con nessuno? «In tarda mattinata, verso mezzogiorno, mi ha chiamato il professor Venturini (il primario universitario, ndr). Lo avranno avvertito le infermiere dopo che avevo detto che non avevo somministrato il farmaco — racconta — Poi non ho saputo più nulla fino a quando mi hanno detto che c’erano due agenti di polizia».

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