Panchine con il bracciolo al centro per scacciare i senzatetto
BERGAMO — Viale Papa Giovanni XXIII è un pezzo del cuore di Bergamo: si snoda dalla stazione ferroviaria al centro, fende i palazzi senza soluzione di continuità offrendo prospettive da cartolina su Città Alta. È il principale collegamento con le Mura e da metà anni 60 è dedicato ad Angelo Roncalli, il pontefice che oggi sarà proclamato santo ed è tra i più importanti figli della terra orobica.
La canonizzazione è sentitissima, salutata da mesi con eventi ai quattro angoli della provincia. Sotto il Monte, terra natale di papa Roncalli, ospita frotte di pellegrini e il capoluogo non ha voluto essere da meno nell’omaggio. L’amministrazione comunale ha commissionato un monumento, l’idea era installarlo proprio lì, sul viale. Poi le dimensioni del gruppo scultoreo (alto tre metri, largo quattro) hanno suscitato un polverone e al momento l’opera se ne sta in attesa negli studi trevigiani di Carlo Balljana, l’autore.
Passo falso da nulla, rispetto a quanto succede alla vigilia della festa con le panchine anti-clochard.
Decisa a valorizzare la prospettiva da cartolina di cui sopra, oltre a dare lustro alla via che del nuovo santo porta il nome, la giunta di centrodestra ha varato una certosina opera di recupero estetico. Non ci si è fermati al belletto, perché, insomma, oltre alla santificazione c’è la campagna elettorale. Così sul viale del Papa, centrale ma collegato alla stazione meta di senzatetto, tra aiuole rinfoltite e nuova pavimentazione sono comparse le panchine modificate. Struttura in legno, bracciolo in ferro nel mezzo, funzionalità chiara: qui ci si siede, non ci si sdraia. Debuttano, in ossequio al bon-ton, le panche anti-clochard: la tempistica fa l’effetto del gesso sulla lavagna, stride la tolleranza zero sulla strada dedicata a un pontefice passato alla storia come il «Buono».
«Semplicemente il decoro va tutelato, ce lo chiedono i cittadini. Qualcuno aveva anche domandato di togliere del tutto le sedute, non ci è sembrato il caso: l’area è molto turistica. E le panche sono fatte per sedersi», chiosa l’assessore alla Sicurezza, Massimo Bandera. Che è leghista, come chi s’inventò l’accorgimento. Era il 2007, il sindaco veronese Flavio Tosi installò le panche: tuonarono le parrocchie parlando di «vessazione», attaccò l’opposizione, il comico Crozza fece recapitare in municipio una poltrona con cactus per cuscino. Eppure le panche scaligere sono ancora lì e la politica del bracciolo scomodo fa proseliti. Anche molti anni dopo.
Il sindaco Franco Tentorio taglia corto: «È un modo per evitare bivacchi». I competitor al voto criticano: «Sfoggio muscolare». Ma è don Fausto Resmini, che a un passo dal viale gestisce una mensa per i poveri, a dire tutto con un’immagine: «Ho visto i paletti, ho pensato alle punte per tenere lontani i piccioni che sporcano. Qui però parliamo di esseri umani. Si cacciano i poveri, ma non è così che si risolve il problema».
Roncalli, il santo, sarebbe stato d’accordo.
Anna Gandolfi
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