by redazione | 12 Aprile 2014 17:06
LUOGHI DI «ESTREMO ORRORE» CHE «UMILIANO L’ITALIA RISPETTO AL RESTO DELL’EUROPA »;COSÌ IL PRESIDENTE GIORGIO NAPOLITANO definì i sei ospedali psichiatrici giudiziari esistenti. Era il luglio 2011, la tragica realtà degli Opg era esplosa in tutta la sua drammaticità, il Parlamento ne aveva disposto la chiusura, prevedendo che i circa mille malati venissero assistiti in strutture adeguate che dovevano essere approntate dalle regioni. A dire il vero gli Opg erano stati dichiarati dichiarati illegittimi già dal 2003, ma come spesso accade in Italia si era fatto finta di nulla, proseguendo a colpi di proroga.
Così quei malati hanno continuato a restare rinchiusi in strutture-galera fatiscenti, con assistenza ridotta al minimo, spesso vittime di vere e proprie torture. Regioni ed enti locali si sono sempre giustificate dicendo che mancavano i fondi per realizzare strutture residenziali alternative non più gestite dall’autorità giudiziaria, poiché la legge prevede un passaggio di competenza alla sanità pubblica. Certo, abbiamo poi visto in Lazio e in Lombardia, in Piemonte e in Sicilia che fine ha fatto il denaro a disposizione delle regioni! Fatto è che le Regioni sono inadempienti: dovevano occuparsi della gestione e del mantenimento di queste strutture e le Aziende Sanitarie Locali dovevano avviare progetti di riabilitazione e reinserimento sociale per le persone che sarebbero dovute essere dimesse. E invece nulla di tutto ciò.
In questi giorni, sia pure con rammarico, il presidente Napolitano ha firmato l’ennesima proroga e quelli che sono stati definiti «un oltraggio alla coscienza civile del nostro Paese, per le condizioni aberranti di vita» sono ancora in funzione. Molti degli attuali internati che hanno scontato la pena e sono stati giudicati non socialmente pericolosi, quindi «dimissibili», restano all’ interno di queste strutture proroga dopo proroga. Indubbiamente va scongiurato il rischio che le nuove strutture regionali ricalchino il modello dei vecchi Opg, e che quindi psicologi, psichiatri e altri operatori si debbano occupare più di contenzione che di cura. Occorre insomma scongiurare la creazione di mini Opg/manicomi regionali e realizzare servizi di salute mentale 24 ore su 24 integrati con i servizi territoriali, che promuovano formazione lavorativa e inclusione sociale.
Occorre certo tener presente che sono necessari interventi tali da garantire per esempio la messa in sicurezza sia dei pazienti sia degli operatori e della comunità. Mentre oggi i reparti non sono assolutamente preparati a gestire, in assenza di una rete coordinate alle spalle, la situazione che si è venuta a creare. Ora è vero, come è stato osservato, che chiudendo gli Opg oggi molti degli internati potrebbero confluire in carceri già sovraffollate e se la situazione cambierà potrebbe davvero diventare esplosiva. Edè verissimo che il superamento degli Opg e il pieno passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al sistema sanitario nazionale devono procedere parallelamente nell’ambito della più ampia riorganizzazione della Sanità penitenziaria e delle nuove competenze dei Dipartimenti di Salute mentale. Ma è accettabile che un Paese civile non sappia, non voglia, non possa assicurare un’assistenza degna di questo nome a circa mille persone, condannate anno dopo anno, proroga dopo proroga, a vivere in condizioni unanimemente riconosciute come vergognose e disumane? Presidente Renzi, un twitter, per favore su questa drammatica urgenza.
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