“La nuova Algeria è già cominciata Ora osiamo sognare la libertà”
ALGERI POTREBBERO essere tentati solo da lui, gli universitari che manifestano con la kefiah al collo, le ragazze disilluse in jeans e hijab, i giovanissimi del movimento Barakat (“Ora basta”) che continuano a rifiutare l’idea di Abdelaziz Bouteflika presidente per l’eternità. Ali Benflis è l’unico candidato che potrebbe scuotere equilibri già decisi, richiamando almeno una fetta di Algeria dalla distrazione, dalla voglia di disertare le urne, dal disinteresse. È già riuscito a suscitare almeno un filo di nervosismo, scuotendo persino gli automobilisti della capitale, che ieri sono corsi a riempire i serbatoi accettando di fare lunghe code alle stazioni di servizio.
Perché un filo di incertezza, anche nelle elezioni algerine, c’è sempre. Ed è meglio fare il pieno, anche sotto il sole, perché chissà che cosa succederà dopo il voto di oggi. Gli elettori registrati sono 23 milioni, ma i votanti saranno molto meno: tutti gli osservatori danno per scontato che la maggioranza finirà per sottoscrivere la richiesta di stabilità affidandosi ancora a un capo dello Stato anziano e malato, che guida il paese da 15 anni, e ha fatto una campagna elettorale per procura. Ma l’ex braccio destro Benflis non ci sta, tenta di chiamare a raccolta tutti gli oppositori e proclama: se dovessi perdere, è perché qualcuno ha barato.
Signor Benflis, lei ha denunciato la possibilità di brogli. Quanto è esteso questo pericolo?
«La frode è iniziata prima dello scrutinio, con la strumentalizzazione e l’uso abusivo dei registri di stato civile per raccogliere le firme a favore del candidato, con la trasformazione del governo in un comitato di sostegno e con la mobilitazione della tv pubblica a scopi propagandistici. Stampa indipendente, associazioni e partiti politici sono sotto pressione, perché esprimano sostegno a un certo candidato. I brogli sono già in marcia. Ma il popolo algerino è ansioso di vedere rispettata la sua scelta sovrana. Se sarò eletto presidente, toglierò tutte le limitazioni anche al diritto all’informazione».
Che cosa succederà se Bouteflika verrà dichiarato vincitore e voi avrete prove dei brogli?
«Non starò zitto io, né staranno zitti i miei sostenitori. Denunceremo i brogli e continueremo la battaglia fino alla realizzazione di una vera democrazia nel paese. Detto questo, resto fiducioso nella capacità del popolo algerino di smascherare gli imbrogli e di opporsi a chi vuole esercitare eterna tutela su di lui».
Perché in Algeria non è arrivata la Primavera araba, se non in maniera molto marginale?
«Il popolo algerino aspira al cambiamento pacifico e il oggi sarà forse l’occasione di concretizzare questa aspirazione, se non ci saranno frodi. Ogni paese ha la sua esperienza. L’Algeria ha conosciuto in un passato recente una fase difficile della sua storia, che spinge oggi la popolazione a privilegiare il cambiamento e la sicurezza».
Se sarà eletto, che cosa farà per risolvere i problemi del paese, a partire dalla disoccupazione fra i giovani per finire con la grave mancanza di abitazioni?
«Voglio unire gli algerini con un dialogo nazionale che accomuni tutte le forze, i politici e la società civile, escludendo solo chi fa uso della violenza. Il dialogo nazionale porterà all’adozione, per via referendaria, di una costituzione condivisa e alla formazione di un governo di unità nazionale. Voglio diversificare l’economia algerina, combatterò la burocrazia per fare dall’Algeria un polo di attrazione per investimenti e creare una dinamica economica per battere la disoccupazione».
Qual è l’Algeria che lei sogna? Che rapporti avrà con l’Europa, l’Italia in particolare?
«Sogno un’Algeria delle libertà e della democrazia, con istituzioni legittime e un apparato statale esemplare. Voglio rafforzare i rapporti con l’Europa, partner importante sul piano politico, economico e di sicurezza. Fra Italia e Algeria c’è una profonda tradizione di amicizia, ma se sarò eletto voglio ampliare la cooperazione economica. Anche i rapporti politici vanno approfonditi, perché i nostri paesi hanno responsabilità comuni, in termini di sicurezza e stabilità nel bacino mediterraneo»
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