“Mio fratello pestato ora quel pm dica perché cambia idea”
FIRENZE Andrea si siede sui gradini di una chiesa nel quartiere San Frediano: «Lo hanno ammazzato mio fratello, altro che infarto…». Strade strette, piove, sul muro un cartello con la scritta: «Verità per Riccardo». Riccardo Magherini, 40 anni, ex giocatore nelle giovanili della Fiorentina, sposato e padre di un bambino di due, è deceduto la notte del 3 marzo a Firenze mentre veniva arrestato per aver preso il telefonino a un pizzaiolo. Era in stato di agitazione forse per l’assunzione di cocaina. Gigli bianchi in San Frediano, sotto la fotografia di Riccardo con un elegante cappello bianco e una risata sulla bocca. «Hanno lasciato che morisse con il viso schiacciato per terra e quattro carabinieri sopra che lo ammanettavano, lo hanno anche preso a calci, lo dicono dei testimoni, ha una ferita alla tempia e un’altra allo zigomo: cos’è questa, se non una tortura?» si tormenta Andrea, il fratello.
Lei ieri ha scritto una lettera aperta a Luigi Bocciolini, il magistrato che coordina le indagini: perché?
«Perché, quando con il senatore Luigi Manconi abbiamo mostrato un nuovo video con gli ultimi istanti di mio fratello, la procura ha fatto un comunicato per dire che nei filmati agli atti dell’inchiesta non ci sono state violenze. I video sono in rete, guardateli. Si sente mio fratello gridare: “Aiuto, mi sparano. Ho un figliolo”. Si sente che lo insultano: “Vedi se ti riprendi così…” e una voce in strada che dice “Vuoi un altro po’ di ca…”. Di cosa, se non calci? Chi parla in strada, se non i carabinieri?».
Lei afferma che il pm vi avrebbe detto che Riccardo era stato picchiato.
«Ci disse così. Scrisse anche una mail al nostro precedente legale in cui spiegava che almeno uno dei militari aveva colpito Riccardo con calci al fianco mentre era a terra ammanettato. Disse che avrebbe indagato il carabiniere. Invece il solo indagato è mio fratello che è morto».
Però non si conoscono ancora le cause del decesso.
«E non è strano che due mesi dopo siamo ancora qui ad aspettare una relazione?».
Torniamo al 3 marzo, suo fratello era sotto il probabile effetto della cocaina.
«Faceva ogni tanto uso di cocaina, ma questo non autorizza a picchiare un uomo in preda al panico che chiede aiuto a tutti. Quello che mi fa male, che mi fa dire che lo hanno ucciso due volte, è il tentativo di denigrarlo, di far passare la sua storia come la morte di un tossico che aveva rubato un cellulare. Riccardo il suo cellulare lo aveva perso in taxi e ne
aveva preso uno a un pizzaiolo per chiamare le forze dell’ordine: aveva paura. Non era un violento, era una persona educata, per bene. Resosi conto di non essere in grado di guidare, quella notte, salì su un taxi».
Poi ha litigato col tassista.
«È sceso lasciando il portafoglio, le chiavi di casa e il telefonino. Ha incontrato una guardia giurata e da lì Riccardo ha iniziato a scappare convinto che qualcuno gli volesse sparare. La gente lo sentiva gridare e ha chiamato i carabinieri: non diceva “c’è uno violento in strada”, ma “c’è uno che chiede aiuto”. Che razza di intervento hanno fatto? Perché ammanettarlo, spingerlo a terra, salirgli sopra e non cercare invece di tranquillizzarlo, chiedergli semplicemente: hai bisogno che chiamiamo qualcuno?».
Volete denunciare i carabinieri e i sanitari del 118.
«I carabinieri hanno chiamato il 118 per sedare Riccardo, è arrivata un’ambulanza senza medico. Lui era a terra e non si muoveva, la gente intorno diceva: “Fate qualcosa”. Uno dell’ambulanza gli ha provato il battito con una apparecchiatura infilata al dito, non dava segnali e ha pensato fosse rotta la macchinetta, un’altra ha sentito con la mano sul naso e ha detto che respirava. Non hanno fatto nulla fino all’arrivo del medico…».
Il senatore Manconi sostiene ci siano analogie fra il caso Magherini e quello Aldrovandi: lo pensa anche lei?
«Sì e lotterò per sconfiggere omertà e paura. Sappiamo per esempio che c’è un altro video mai consegnato che documenta gli attimi finali della vita di mio fratello. Vorrei che tutti ci aiutassero. Noi cerchiamo la verità, ne abbiamo bisogno».
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