Libia, il governo si dimette, resa verso i ribelli

by redazione | 9 Aprile 2014 11:35

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L’eliminazione dalla scena poli­tica dei Fra­telli musul­mani libici in favore di poli­tici vicini all’élite mili­tare è com­piuta. L’avvicendamento era avve­nuto lo scorso 11 marzo quando il pre­mier Ali Zei­dan era stato sfi­du­ciato dal par­la­mento poi­ché non si era mostrato in grado di risol­vere la crisi della Mor­ning Glory, la petro­liera nor­d­co­reana rifor­nita di petro­lio nel porto di Sidra per mano dei sepa­ra­ti­sti. E così, per com­ple­tare l’avvicendamento ai ver­tici del fra­gile stato, il primo mini­stro Abdul­lah al Thinni, mini­stro della Difesa del governo di Ali Zei­dan, in esi­lio in Ger­ma­nia, ha ras­se­gnato le dimis­sioni al Con­gresso nazio­nale gene­rale. Thinni ha ammesso di non avere poteri suf­fi­cienti per opporsi alle mani­fe­sta­zioni e alla guer­ri­glia che dila­nia la Libia dallo scorso ottobre.

Dopo un pre­ce­dente rin­novo del man­dato di due set­ti­mane, l’esecutivo dell’ex pilota dell’Aereonautica resterà forse in sella fino alle ele­zioni poli­ti­che pre­vi­ste per fine anno. ll par­la­mento libico infatti ha imme­dia­ta­mente inca­ri­cato il pre­mier dimis­sio­na­rio al Thinni di for­mare entro una set­ti­mana un nuovo governo.

Uno prin­ci­pali lea­der del movi­mento radi­cale Eser­cito dello Stato isla­mico, Abdul­lah Bin Taher, è stato ucciso a Derna, in cir­co­stanze ancora da chiarire.

Non solo, pro­prio ieri sarebbe dovuto entrare in vigore l’accordo tra ese­cu­tivo e Uffi­cio poli­tico di Barqa, movi­mento sepa­ra­ti­sta della Cire­naica gui­dato da Ibra­him Jadran, per la ria­per­tura dei porti orien­tali di Zuei­tina e Hariga. Secondo lo stral­cio di accordo reso noto ieri, i sepa­ra­ti­sti hanno otte­nuto, oltre alla scar­ce­ra­zione dei tre ribelli che ave­vano for­nito greg­gio alla Mor­ning Glory: il tra­sfe­ri­mento del quar­tier gene­rale delle forze di sicu­rezza che pro­teg­gono gli impianti petro­li­feri nella cit­ta­dina orien­tale di Brega; di pagare sti­pendi e arre­trati alle guar­die che bloc­ca­vano i porti; la for­ma­zione di una com­mis­sione di sei esperti per inda­gare sulle irre­go­la­rità nella ven­dita di greg­gio. Prima della depo­si­zione di Ghed­dafi, dai porti della Libia orien­tale veni­vano espor­tati 1,4 milioni di barili di petro­lio al giorno con­tro i 150mila attuali.

Nei giorni scorsi, anche Saadi Ghed­dafi, figlio minore del colon­nello, aveva ammesso di aver avuto legami stretti con il gruppo sepa­ra­ti­sta della Cire­naica. In un video mes­sag­gio, girato da un uffi­cio della pri­gione dove è dete­nuto, Saadi ha spie­gato di aver avuto con­tatti con il gruppo dal Niger, dove si era rifu­giato durante le rivolte del 2011. Nello stesso video, Saadi ha invi­tato tutti «a lavo­rare per la riconciliazione».

A Ben­gasi però la ten­sione non accenna a pla­carsi. La città è para­liz­zata da giorni per un’azione di disob­be­dienza civile dei gruppi laici. Si pro­te­sta con­tro i ripe­tuti epi­sodi di vio­lenza, assas­sini e rapi­menti, e per chie­dere le dimis­sioni del par­la­mento che ha esteso il suo man­dato oltre la natu­rale sca­denza del 7 feb­braio scorso. Gli scio­peri hanno coin­volto il set­tore petro­li­fero, le uni­ver­sità, scuole, ospe­dali e ban­che. Anche il per­so­nale di varie filiali di una delle mag­giori ban­che libi­che, Jum­hu­rya, è in scio­pero per chie­dere più pro­te­zione dopo l’uccisione di un impie­gato da parte di uomini armati nella sede di Sebha, nel sud del paese. Lo scio­pero ha coin­volto anche lo staff del Cen­tro medico di Ben­gasi, in pro­te­sta con­tro i ripe­tuti epi­sodi di vio­lenza che si veri­fi­cano nella strut­tura. Infine, la prima seduta dell’Assemblea costi­tuente libica si terrà il 14 aprile nella città orien­tale di Baida. Alla seduta par­te­ci­pe­ranno sol­tanto 47 dei 60 costi­tuenti eletti lo scorso feb­braio, con una scarsa par­te­ci­pa­zione al voto.

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