L’Europa taglia, Mosca si riarma: perché oggi Putin può alzare la voce
«Se si muovono, sono a Parigi in 7 giorni». Era quel che si diceva dell’Armata Rossa negli anni 70. E lo spettro dei cosacchi sugli Champs Elysées ha continuato a ossessionare l’Occidente fino al 1989, alla caduta del Muro, anche se non mancava chi tendeva a ridimensionare «la minaccia» (come si intitolava un libro del 1984 la cui tesi era quella di un’esagerazione del potere militare sovietico da parte del complesso militare-industriale di Usa e alleati per giustificare laute commesse). Ora, in Ucraina, la minaccia è tornata, anche se meno potente: tra 1993 e 2013 i carri armati russi sono scesi da 25 mila a 2.550 e gli effettivi dell’esercito da 1 milione di uomini a 250 mila. Dall’altra parte, però, la Nato è uscita ancora più indebolita da anni di tagli alla difesa, come dimostra un grafico pubblicato ieri dal Financial Times . Tra il 2002 e il 2012 la spesa militare della Francia è scesa dello 0,4%, quella della Germania del 2,9% (e i suoi tank sono passati da 4.778 a 322), quella dell’Italia del 17,9%. La Gran Bretagna ha speso di più, con un aumento del 12,4%. Ma anche le forze britanniche si sono indebolite, da 1.126 a 227 carri armati e da 274.800 a 170 mila uomini: le armi di oggi sono molto più care e molti soldi vanno via per il personale. La Russia, nello stesso periodo, ha aumentato le spese del 126,1%. Il potere deterrente della Nato è basso. E gli Stati Uniti, che in 10 anni hanno incrementato la spesa del 49,9%, sono lontani e hanno da pensare al Pacifico e all’ingombrante presenza cinese.
P. Ra.
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