L’ ultimatum di Kiev: disarmate o sarà guerra
MOSCA — Di fronte a nuove iniziative dei separatisti filo-russi in diverse cittadine dell’Ucraina orientale e con i primi morti nelle strade, il governo di Kiev ha lanciato un ultimatum ai ribelli. Chi avrà abbandonato gli edifici pubblici occupati entro questa mattina non sarà perseguito. Ma poi le forze dell’ordine scateneranno un’offensiva con l’appoggio dell’esercito per riportare l’ordine. E per rispondere a quella che il presidente ad interim Oleksander Turchinov ha definito in un appello televisivo «una guerra scatenata dalla Russia». Che ha già risposto: quello di Kiev è «un ordine criminale» che Mosca vuole discutere urgentemente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
La situazione a questo punto potrebbe precipitare perché il Cremlino ha già detto che intende difendere la popolazione dell’Est ucraino che, a suo dire, sarebbe sotto il tallone dei governanti illegittimi di Kiev. Gli incidenti, le occupazioni, gli scontri tra opposte fazioni e i conflitti a fuoco con almeno due morti e una decina di feriti starebbero lì a provare l’incapacità dell’attuale governo «di assumere la responsabilità del destino del paese», secondo le parole del ministro degli esteri Sergej Lavrov. Si tratta proprio degli episodi per i quali invece viene accusata la Russia, che starebbe ripetendo lo scenario che ha portato alla secessione della Crimea. Reparti ben addestrate in uniformi senza insegne, gli ormai famosi «uomini verdi» che sarebbero truppe speciali del Gru, il servizio segreto militare russo. Kiev dice di avere le prove e che le porterà al vertice internazionale che si dovrebbe tenere nei prossimi giorni, sempre che Mosca non lo faccia saltare, come ha minacciato Lavrov. Naturalmente la Russia nega qualsiasi coinvolgimento e dice anzi che la nuova operazione antiterroristica che il governo ucraino ha messo in cantiere sarebbe stata concordata con il capo della Cia giunto in incognito nella capitale.
Sul campo la situazione è sempre più confusa, dopo che ieri mattina le forze di sicurezza hanno tentato di liberare senza riuscirci il comando della polizia di Slovyansk. Fuori dalla cittadina ci sarebbe stato uno scontro a fuoco con due morti, uno tra le forze dell’ordine e uno tra gli indipendentisti che avevano istituito un posto di blocco. Altre occupazioni ci sono state in varie città, con manifestazioni di opposte fazioni che si sono fronteggiate a Odessa, Kharkiv e Zaporozhye. A Luhansk il capo della polizia ha detto di stare dalla parte degli insorti.
E mentre gli Stati Uniti, attraverso l’ambasciatrice all’Onu Samantha Power, parlano di «chiari segni del coinvolgimento di Mosca» e approntano nuove sanzioni (ma l’Europa, per via delle forniture russe di gas, è più prudente) a Mosca si è fatta sentire anche l’opposizione a Vladimir Putin, in sempre maggiori difficoltà. Uno dei leader, Aleksej Navalny, è agli arresti domiciliari e non può nemmeno usare l’Internet. Ma quattromila persone ieri hanno manifestato nella via che porta il nome del dissidente sovietico Andrej Sakharov per protestare contro le limitazioni alla libertà d’espressione. E questo nonostante gli oppositori vengano ormai indicati anche dallo stesso Putin come «una quinta colonna» del nemico.
Fabrizio Dragosei
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