A Kabul testa a testa tra Abdullah e Ghani
Al ballottaggio. I primi risultati parziali resi pubblici ieri a Kabul dalla Commissione elettorale indipendente confermano le previsioni: a contendersi la poltrona dell’Arg (il palazzo presidenziale) sono l’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani e l’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah. Sarà uno dei due a sostituire Hamid Karzai, al potere dal 2001, al quale la Costituzione vieta un terzo mandato consecutivo.
I voti scrutinati finora dalla Commissione rappresentano meno del 10% dei 7 milioni totali, e sono stati raccolti in 28 delle 34 province afghane. Per ora, con il 41.9 % in testa è Abdullah Abdullah, già braccio destro del comandante Masoud ed esponente di spicco dell’Alleanza del nord.
Lo segue a poca distanza l’ex funzionario della Banca Mondiale Ashraf Ghani, con il 37.6%. Terzo, come previsto, Zalmai Rassoul, già consigliere per la sicurezza nazionale del governo Karzai e ministro degli Esteri fino alla fine del 20013. Per ora, si deve accontentare del 9.8% dei voti. Ed è difficile che la percentuale cresca troppo con il passare del tempo.
Il campione scrutinato è dunque parziale, verrà integrato progressivamente da qui al 24 aprile. Poi sarà il turno della Commissione che si occupa dei brogli. Dovrà verificare quale tra le migliaia di segnalazioni ricevute siano veramente tali. Quanti voti annullare, quanti attribuirne. Il risultato definitivo è previsto tra un mese, il 14 maggio. Ma fino ad allora diverse cose cambieranno. E i brogli potrebbero riservare sorprese: in concomitanza con l’annuncio dei primi risultati, il portavoce della Commissione che investiga sulle frodi ha detto di considerare come molto serie («priorità A») almeno 870 segnalazioni di irregolarità.
Fino al 14 maggio c’è un ampio margine di tempo per esercitare pressioni sulle due Commissioni e far sentire la propria voce. Le dichiarazioni già si accavallano, nonostante l’invito da parte dell’inviato delle Nazioni Unite a Kabul di essere pazienti e non alimentare false aspettative.
Ma i candidati giocano anche sul tavolo della comunicazione. Il team elettorale di Ghani ha organizzato una conferenza stampa 3 ore dopo la comunicazione dei primi risultati. Nella residenza dell’ex funzionario della Banca mondiale, a pochi passi dall’ex residenza reale di Darulaman.
Ghani è arrivato a passo svelto, giacca blu su shalwar kameez bianca, un panno di seta bianco sulla spalla. Su uno sfondo rosa-fucsia, ha ringraziato la popolazione afghana per il coraggio dimostrato il giorno delle elezioni, «un nuovo libro nella storia afghana, non solo un nuovo capitolo». Di fronte a lui, decine di telecamere e giornalisti. Alla sua sinistra due file di «amici», sostenitori e notabili. Quelli che gli stanno organizzando la campagna elettorale.
Nel suo discorso, Ghani ha insistito su un punto: «la partita è appena cominciata», «il campione di voti scrutinati è ancora troppo basso per tirare conclusioni». Si è detto fiducioso sulla trasparenza delle operazioni di scrutinio.
Ha invitato tutti alla prudenza. Secondo i dati del suo team elettorale, finora lo scarto tra i due favoriti sarebbe di solo 21.000 voti. Ghani ha poi ringraziato tutti coloro che l’hanno votato, «studenti, studiosi, mullah, rappresentanti della società civile», e anche quelli che non l’hanno votato, «perché il prossimo presidente dovrà essere il presidente di un intero paese», ha detto, «non di una parte della società».
E il nuovo governo dovrà essere «aperto e inclusivo». Il giorno successivo al voto sulla sua pagina Facebook Ghani aveva postato le stime parziali elaborate dal suo team, che gli attribuivano più del 50% dei voti necessari per vincere al primo turno, evitando il ballottaggio.
Nella conferenza stampa di domenica pomeriggio è sembrato meno sicuro di quei numeri, ma ha comunque ribadito di credere ancora «in una vittoria al primo turno, perché nel paese c’è molto consenso sul mio nome». Fino al 14 maggio sarà difficile verificarlo.
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