Indovina chi si rivede al Quirinale

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Sil­vio Ber­lu­sconi arriva al Qui­ri­nale verso le 18, per un incon­tro improv­viso, impre­vi­sto e tenuto fino all’ultimo segreto. E’ stato lui a chie­dere il col­lo­quio, uffi­cial­mente solo per fare il punto sull’accidentato per­corso delle riforme isti­tu­zio­nali e di quella elet­to­rale, ma in realtà con in agenda un argo­mento per lui ben più urgente: la con­danna che diven­terà ese­cu­tiva tra una set­ti­mana.
L’ex cava­liere non accenna a rela­zioni dirette tra il soste­gno al per­corso rifor­ma­tore e la sua sorte per­so­nale. Non ce n’è biso­gno. Il nesso cam­peg­gia sullo sfondo senza biso­gno che venga aper­ta­mente evo­cato. Ma ancora una volta Napo­li­tano non offre sponde. La giu­sti­zia segue il suo corso e il pre­si­dente della Repub­blica non ha e non può avere in mate­ria alcuna voce in capi­tolo. Di fatto, il con­dan­nato torna a palazzo Gra­zioli dopo aver subito l’ennesima sconfitta.

Resta da vedere quali con­se­guenze avrà l’ennesimo, e ine­vi­ta­bile, no del Colle sulle sue scelte poli­ti­che. Non lo si capirà oggi e pro­ba­bil­mente nep­pure subito dopo il 10 aprile. Nep­pure Ber­lu­sconi può per­met­tersi di far sal­tare per la seconda volta un accordo in nome delle sue vicende pri­vate. Ma del resto non c’è fretta. Anche se ieri il sena­tore Pd Mar­cucci, uno dei pochi ren­ziani pre­senti a palazzo Madama, ha annun­ciato a nome dell’ufficio di pre­si­denza del suo gruppo che la legge sarà appro­vata entro il 25 mag­gio, anche se la mini­stra Boschi garan­ti­sce che la prima let­tura della legge di riforma costi­tu­zio­nale sarà por­tata a ter­mine per la stessa data, tutto, ma pro­prio tutto, lascia pen­sare il con­tra­rio. Prima delle ele­zioni euro­pee, salvo mira­coli, non ci sarà nes­sun voto, né sulla riforma del Senato e del Titolo V né su quella elet­to­rale. Solo quando un qua­dro poli­tico oggi incerto sarà stato illu­mi­nato dal responso delle urne, cia­scuno pren­derà la pro­pria deci­sione, e la più spi­nosa toc­cherà pro­prio all’Interdetto di Arcore.

Uffi­cial­mente, i sena­tori azzurri affer­mano di non voler votare il ddl così com’è. Il capo­gruppo Romani lo ha detto in un’intervista all’Huffington Post lunedì. «Vote­rete que­sto pro­getto di riforma?», «Asso­lu­ta­mente no». La realtà, però, è molto meno netta. Ber­lu­sconi non vuole pas­sare per bastione del fronte con­ser­va­tore, e sa bene che il rischio è forte, tanto più con in ballo una que­stione di vastis­sima popo­la­rità come la can­cel­la­zione del Senato. Capita però che chieda cor­re­zioni come l’elettività di una parte del Senato rifor­mato e la con­te­stuale dimi­nu­zione del numero dei depu­tati che sono, se non pro­prio uguali, molto simili a quelle che invo­cano i dis­si­denti del Pd. Oggi Chiti e altri 22 sena­tori pre­sen­te­ranno un ddl alter­na­tivo. Il gruppo misto sarà sulla stessa linea o su una posi­zione affine. Così, pro­ba­bil­mente anche i gruppi minori della mag­gio­ranza, inclusa una parte dell’Ncd. Ma soprat­tutto su que­sta pro­po­sta potrebbe sal­darsi un fronte con i gril­lini, e allora il guaio, da molto grosso, diven­te­rebbe irrecuperabile.

Ma la scelta di Ber­lu­sconi, e poi quella di Renzi, non dipen­derà da que­sta o quella vir­gola nella riforma isti­tu­zio­nale, o dall’elezione diretta di qual­che decina di sena­tori. Deri­verà dai rap­porti di forza deli­neati dalle ele­zioni di mag­gio. Se la lista di Fi, cer­ta­mente col nome Ber­lu­sconi bello chiaro nel sim­bolo, forse con Bar­bara can­di­data per assi­cu­rare la suc­ces­sione, non crol­lerà e se i gruppi minori del cen­tro­de­stra, a par­tire da quello di Alfano, saranno costretti dall’esiguo bot­tino a tor­nare in ginoc­chio ad Arcore, allora l’ex cava­liere potrebbe dav­vero met­tere Renzi di fronte all’aut aut. O una chiara e com­pleta alleanza di governo, oppure la boc­cia­tura della riforma con con­se­guenti ele­zioni a breve, col con­sul­tel­lum. Cioè con una legge che garan­ti­rebbe a Ber­lu­sconi sia la pre­senza nel pros­simo governo sia un potere con­di­zio­nante sulle riforme.

Renzi a sua volta deci­derà il da farsi sulla base di quanta spe­ranza di un esito ple­bi­sci­ta­rio nelle even­tuali ele­zioni poli­ti­che auto­riz­zerà il risul­tato di quelle euro­pee. Entrambi giu­re­ranno che si tratta solo di riforme, ma le riforme, ancora una volta, in quel che acca­drà nei pros­simi mesi c’entrano ben poco.


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