I tagli, parte Palazzo Chigi Addio ai 24 dipartimenti
Palazzo Chigi — Una settimana al massimo e il governo approverà il Def, il Documento di economia e finanza che farà da cornice ai tagli delle tasse per i lavoratori dipendenti, i famosi 80 euro in più netti al mese per chi prende fino a 1.500 euro, che verrà deciso la settimana successiva con un decreto legge. Lo ha confermato ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, mentre il sottosegretario Graziano Delrio, ha detto che sempre nel giro di una settimana il governo presenterà il piano di tagli della presidenza del Consiglio.
La riforma, che nelle intenzioni di Renzi vuole essere d’esempio per tutta la pubblica amministrazione, ruoterà sull’accorpamento dei dipartimenti (a Palazzo Chigi ce ne sono ben 16 più 8 uffici a capo di altrettante strutture, per un totale di 24), la rotazione degli incarichi (il termine di legge per le nomine dei capi dipartimento della presidenza scade l’8 aprile) con la promozione degli interni e il taglio degli incarichi dall’esterno che costano di più (tipo Consiglieri di Stato). La retribuzione (i capi dipartimento prendono più di 200 mila euro lordi) verrà legata al raggiungimento degli obiettivi. Tutte le spese di Palazzo Chigi finiranno a regime on line, in modo che tutti possano controllare. Saranno tagliati anche i consulenti (una novantina circa). La riforma, sintetizza Delrio, «sarà ispirata a criteri di sobrietà». Verranno costituite le due «unità di missione» già annunciate, una per la scuola e l’altra per la difesa del territorio. Infine verrà costituita una cabina di regia per le politiche economiche che dovrebbe essere affidata all’economista e deputato Pd Yoram Gutgeld. A Palazzo Chigi si è anche in attesa dell’arrivo del commissario per la spending review, Carlo Cottarelli, che finora ha avuto il suo ufficio presso il ministero dell’Economia.
Tornando al Def e al bonus in busta paga, ieri Renzi ha assicurato che il taglio delle tasse sarà, a partire da maggio, di «80 euro per i dipendenti che percepiscono fino a 1.500 euro al mese» e che i 6,6 miliardi necessari nel 2014 (10 su base annua) per finanziare l’operazione «li abbiamo trovati» e saranno indicati nel Def. Il presidente del Consiglio ha in questo modo smentito l’ipotesi di un intervento più modesto per quest’anno. Ipotesi che aveva preso corpo dopo che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aveva detto che le coperture dovranno arrivare tutte da tagli di spesa strutturali, escludendo così sia entrate una tantum sia un eventuale ricorso all’aumento del deficit. Poiché al massimo si ritiene che dal taglio della spesa possano venire non più di 4-5 miliardi per il periodo maggio-dicembre 2014, ci si chiede dove il Tesoro possa trovare il resto.
Intanto, cominciano a prendere forma le linee generali del Def. L’aumento del prodotto interno lordo per il 2014 dovrà essere corretto al ribasso rispetto alle stime del governo Letta: non più l’1,1% ma lo 0,8-0,9%. Un po’ di più quindi dello 0,6% previsto dalla commissione europea, proprio perché il piano terrà conto degli effetti sulla crescita del taglio delle tasse per lavoratori e imprese (l’Irap) e del pagamento dei debiti alle aziende. Tema quest’ultimo sul quale ieri Renzi si è scontrato con il vicepresidente della commissione europea, Antonio Tajani, che ha annunciato l’avvicinarsi della procedura d’infrazione per il ritardo nei pagamenti. «Dal 6 giugno — ha replicato Renzi — con la fatturazione elettronica il pagamento sarà immediato. Il commissario Tajani ha un’emergenza che è quella di andare in campagna elettorale. In bocca al lupo, anche se è di Forza Italia». «La campagna elettorale non c’entra niente — ha ribattuto Tajani — Intervenire è un mio preciso dovere, oltre che un obbligo giuridico».
Enrico Marro
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