Gabo e Fidel, un legame profondo

by redazione | 19 Aprile 2014 9:26

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Un legame pro­fondo, di ami­ci­zia per­so­nale e di con­di­vi­sione di valori poli­tici, ha legato per più di cinquant’anni Gabriel Gar­cía Márquez e Fidel Castro. Un legame che ha impli­cato una ade­sione alla rivo­lu­zione cubana, ovvero all’impronta che Fidel ha dato alla sto­ria dell’isola carai­bica, e che ha tra­sceso le cri­ti­che, i cam­bia­menti delle varie fasi poli­ti­che e anche – forse la più dif­fi­cile prova del pro­fondo legame– il natu­rale pas­sare del tempo, una quo­ti­dia­nità che impla­ca­bil­mente ha cor­roso l’utopia.

La sua ammi­ra­zione per Fidel tra­spare in inter­vi­ste, arti­coli, e discorsi pub­blici che Gabo scrisse e rila­sciò fin dal 1959, anno della vit­to­ria dei “bar­bu­dos” rivo­lu­zio­nari, per risal­tare «l’intelligenza poli­tica» del lider maximo, il suo «istinto» che gli per­met­teva di essere sem­pre nel cuore dei fatti, e la sua «curio­sità infi­nita» che lo tro­vava sem­pre pronto a rita­gliare una fetta del suo tempo, anche e soprat­tutto a notte fonda, «per leg­gere, ascol­tare, imparare».

Un legame ampia­mente ricam­biato, per­ché Fidel volle accanto a sé lo scrit­tore in innu­mer­voli occa­sioni, in atti­vità poli­ti­che e cul­tu­rali, ma anche in azioni sim­bo­li­che, come nel 1996, quando Castro, dopo quasi vent’anni di assenza, ritornò a visi­tare la sua casa natia, a Birán, nell’Est dell’isola, accom­pa­gnato appunto dal pre­mio Nobel per la let­te­ra­tura e da sua moglie. Le terre del padre di Fidel furono, per sua deci­sione, oggetto della riforma agra­ria decre­tata dalla Rivo­lu­zione. Una folla di con­ta­dini emo­zio­nati ricordò l’evento. Márquez accom­pa­gnò Fidel anche in occa­sione della sto­rica messa cele­brata nel 1988 all’Avana da papa Gio­vanni Paolo II nella piazza della Rivo­lu­zione. Lo scrit­tore fu all’Avana nel 2006 e cele­brò gli 80 anni di Fidel quando il lider maximo era gra­ve­mente infermo – a Miami lo ave­vano già dato per morto — e vi ritornò, assieme alla moglie Mer­ce­des Bar­cha, due anni dopo. In piena con­va­le­scenza, dopo aver dele­gato tutto il potere al fra­tello Raúl, il mag­giore dei Castro affermò che quelle tra­scorse con Gabo erano state «le ore più gra­de­voli» di quel periodo.

L’amicizia com­pren­deva anche una fidu­cia e una col­la­bo­ra­zione che fece sì che lo scrit­tore fu autore di vere e pro­prie “incur­sioni” nella poli­tica estera di Cuba. Nel 2005, lo stesso Fidel rivelò che nel 1998 affidò all’amico una mis­sione di grande impor­tanza. Un mes­sag­gio da por­tare all’allora pre­si­dente Bill Clin­ton, nel quale il lea­der cubano met­teva in guar­dia Washing­ton su pos­si­bili atti ter­ro­ri­stici con­tro Cuba. Gra­zie a que­sta media­zione il pre­si­dente Usa accon­sentì allo svol­gi­mento di una riu­nione all’Avana alla quale par­te­ci­pa­rono espo­nenti del Dipar­ti­mento di Stato e dell’Fbi. In que­sta occa­sione, i cubani pre­sen­ta­rono prove con­crete di atti­vità ter­ro­ri­sti­che attuate a Cuba (in una di que­ste nel 1996 fu ucciso l’italiano Fabio di Celmo). Ma pochi mesi dopo – nel set­tem­bre del 1998– l’Fbi arre­stò cin­que degli agenti cubani che ave­vano rac­colto tali prove i quali furono con­dan­nati a pesan­tis­sime pene per spio­nag­gio dopo una serie di pro­cessi di dub­bia lega­lità e di chiaro stampo poli­tico. Tre di que­sti patrioti sono ancora in car­cere negli Usa.

Quando nel 2004 Cuba e Colom­bia rista­bi­li­rono rela­zioni diplo­ma­ti­che, le auto­rità di Bogotà defi­ni­rono lo scrit­tore come il loro «amba­scia­tore di fatto». E pro­ba­bil­mente gra­zie a que­sta sua qua­li­fica Már­quez par­te­cipò assieme ad espo­nenti del governo colom­biano a col­lo­qui con dele­gati dell’Esercito di libe­ra­zione nazio­nale colom­biano (Eln) nell’ambito di un dia­logo esplo­ra­to­rio per ini­ziare un pro­cesso di pace in Colom­bia. Pro­cesso che pro­se­gue in que­sti giorni all’Avana avendo que­sta volta come pro­ta­go­ni­sta le Farc colombiane.

Tali “incur­sioni” e col­la­bo­ra­zioni poli­ti­che nasce­vano da una pro­fonda fidu­cia che Fidel ripo­ne­neva nell’amico anche gra­zie a innu­me­re­voli occa­sioni nelle quali Gabo aveva difeso il lider e la rivo­lu­zione cubana a sca­pito anche di forti attac­chi per­so­nali. La lealtà nei con­fronti di Cuba pose infatti Gabo al cen­tro di forti pole­mi­che politico-letterarie o poli­ti­che tout court. All’inizio degli anni Set­tanta del secolo scorso, il poeta e diplo­ma­tico cubano Heberto Padilla fu posto agli arre­sti per «atti­vità con­tro­ri­vo­lu­zio­na­rie» e costretto a una ritrat­ta­zione pub­blica delle cri­ti­che fatte al ver­tice cubano. Nac­que a livello inter­na­zio­nale il “caso Padilla” che causò pole­mi­che e spac­ca­ture anche, e soprat­tutto, tra intel­let­tuali e scrit­tori pro­gres­si­sti. Il peru­viano Mario Var­gas Llosa fu uno dei più duri, rom­pendo con Castro e con Cuba. In que­sta occa­sione il Nobel per la let­te­ra­tura rimase a fianco di Fidel, sfi­dando gli insulti dello scrit­tore peru­viano –che lo definì «un cor­ti­giano di Castro» — e le cri­ti­che della scrit­trice ame­ri­cana Susan Son­tag che lo accusò – anche in seguito– di «pas­si­vità nelle difesa dei diritti umani».

Pro­ba­bil­mente que­sta posi­zione di Gabo costi­tuì il cemento di un legame pro­fondo con Fidel che per­mise al pre­mio Nobel inter­venti in favore di scrit­tori –come nel caso di Nor­berto Fuen­tes che nel 1994 poté uscire da Cuba gra­zie alla «mira­co­losa media­zione» di Gabo– e di altri pri­gio­nieri di coscienza. Pro­prio la sua com­pro­vata lealtà alla rivo­lu­zione cubana per­mise a Már­quez di espri­mere la pro­pria oppo­si­zione alla pena di morte inflitta a tre cubani che ave­vano ten­tato un dirot­ta­mento di un tra­ghetto all’Avana nel 2003 e di inter­ve­nire a favore di alcuni dis­si­denti nel corso dell’ondata repres­siva seguita al dirottamento.

L’impronta, per non dire l’”eredità”, più impor­tante che Gabo lascia a Cuba è legata però al cinema, sua grande pas­sione dopo la let­te­ra­tura e il gior­na­li­smo. Nell’isola infatti ha fon­dato la Scuola inter­na­zio­nale di Cine e tele­vi­sione (Eictv) oltre ad aver dato vita nel 1985 alla Fon­da­zione del Nuovo cinema lati­noa­me­ri­cano (Fncl), con lo scopo di «uni­fi­care e svi­lup­pare il nuovo cinema latinoamericano».

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