Fibre ottiche e Twitter falso L’ultima guerra tra Usa e Cuba
L’AVANA – SCORRE sulle fibre ottiche e si combatte sui satelliti la nuova guerra di spie tra Cuba e Stati Uniti. Sono passati 53 anni dalla Baia dei Porci, il tentativo da parte della Cia, poi fallito, di invadere l’isola con 1300 esuli cubani per abbattere il regime di Fidel Castro. Ma ancora oggi la tensione torna a salire tra i due storici nemici. La rete si dimostra più efficace di mille fucili. È difficile da controllare. Soprattutto se non si possiede la tecnologia indispensabile a chiudere il rubinetto che disseta gli internauti. Sembrava una bufala. Il classico depistaggio per sollevare un polverone in una situazione già confusa e pesante. La scoperta di ZunZuneo, un fake di Twitter,creato e finanziato dall’agenzia americana per lo sviluppo internazionale (Usaid) a Cuba, si sta invece trasformando in un caso diplomatico. Lo scoop dell’ Associated pressche ha svelato l’esistenza di una innocua pagina di Facebook dedicata alla musica e ai gossip dei personaggi dello spettacolo come strumento di rivolta contro il regime dei Castro ha provocato la dura reazione di Cuba. Ma anche le risentite proteste del Congresso Usa, deciso ad andare a fondo su un’operazione informatica di cui ignorava l’esistenza.
Se dietro le dichiarazioni di facciata c’è sicuramente un gioco della parti, è altrettanto vero che ZunZuneo, colibrì in gergo cubano, è un chiaro segnale delle difficoltà in cui si trova l’isola caraibica. Il web e gli stessi social network sono canali di comunicazione indispensabili in un mondo globalizzato. Le autorità di Cuba ne sono consapevoli. Le caute aperture di Raúl Castro avevano puntato anche sulla diffusione di Internet. Con i limiti imposti da una tecnologia obsoleta e i timori di uno strumento sconosciuto e potenzialmente pericoloso.
Ma la pressione delle nuove generazioni, le esigenze degli imprenditori presenti a Cuba, gli scambi commerciali, avevano spinto il regime ad un salto di qualità impensabile. Nel paese sono stati aperti 118 centri Internet con 520 computer. Alberghi e ristoranti dispongono di propri server e gli stessi smartphone sono in grado di collegarsi con le celle dislocate in gran parte dell’isola. L’esperimento ha funzionato. Tanto che, due anni fa, Cuba strinse un accordo con il Venezuela per un collegamento sottomarino di fibra ottica. La rete serviva soprattutto a garantire comunicazioni più rapide per i ministeri che ricorrono ad un sistema esclusivo. Internet non era quel mostro che poteva minacciare la sicurezza e l’integrità rivoluzionaria del regime. Anche perché il problema, qui a Cuba, non è l’accesso al web. Ma i prezzi per navigare. Non ci sono soldi e quei pochi che ne hanno li spendono per vivere. Il salario medio è di 200 dollari al mese. Per chi ha un impiego pubblico. Gli altri si devono arrangiare con meno della metà. Su una popolazione di 21 milioni, due hanno un cellulare. Li usano per telefonare, al massimo per scambiare messaggi. Navigare in rete è ancora un lusso.
La scoperta di “Colibrì”, in realtà, è stata l’occasione per chiudere di nuovo i rubinetti della comunicazione sul web. Internet funziona a singhiozzo. Dipende dalla regioni e dagli orari. Scorre nelle oasi turistiche escluse ai locali, resta bloccato nelle città e a L’Avana. Non sappiamo se si tratti di una coincidenza. Ma da giovedì scorso, quando l’ Ap ha svelato il piano di ZunZuneo, la navigazione è praticamente impossibile. Per non parlare di Twitter: la pagina si apre indicando un errore. Il blocco è definitivo. Fa parte della sottile guerra di spie che Cuba ha ingaggiato con gli Usa. Non è un caso che proprio ieri si è fatto vivo Alan Gross, 64 anni, un contrattista di Usaid, condannato a 15 anni per attentato alla sicurezza dello Stato. Nel 2009 stava girando l’isola per una visita alla locale comunità ebraica. Venne sorpreso con tecnologia considerata sofisticata: materiale informatico per aprire dei collegamenti internet. Ha sempre difeso la sua innocenza. L’apparizione di ZunZuneo risale proprio all’anno della sua visita a Cuba. Il collegamento è stato immediato. Lavorava per Usaid, possedeva tutto ciò che serviva a connettersi ad una rete che Cuba stava ancora sperimentando. Da giovedì scorso ha iniziato uno sciopero della fame.
Protesta con entrambi i governi. «Non solo per le loro corresponsabilità rispetto alla mia detenzione arbitraria», sostiene in un comunicato emesso dai suoi legali, «ma anche per la mancanza di ogni ragionevole e valido tentativo di mettere fine a questa vergognosa sofferenza».
Dalla Casa Bianca nessuna reazione. Si vuole evitare qualsiasi collegamento tra Colibrì e il caso Gross. Anche perché Obama ha difeso l’iniziativa sulla rete di Usaid. Era un progetto noto ma soprattutto avviato alla luce del sole. Niente operazioni segrete e non autorizzate dal Congresso. Le 40 mila condivisioni cubane registrare sulla pagina di ZunZuneo lo dimostrano. Erano visibili a chiunque. Lo sapeva anche Cuba. Il Congresso è molto più cauto. Ci vuole vedere chiaro. Potrebbe essere l’occasione per mettere di nuovo in difficoltà l’amministrazione democratica. Il capo dell’agenzia per lo sviluppo internazionale, Rajiv Shath, è stato chiamato a deporre. «Non sapevo nulla di questo Twitter», ha sostenuto Shath, «sono entrato nella pagina e lo trovo molto stupido». Dovrà spiegare perché era gestito da una società registrata in Spagna e finanziato da fondi destinati al Pakistan. Cuba protesta ma sorride. Nella eterna guerra tra spie, “Colibrì” ricorda da vicino una Baia dei Porci 2.0.
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