Fecondazione con donatori La Consulta dice sì ma è divisa

by redazione | 10 Aprile 2014 7:51

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ROMA — Tutto cominciò con il referendum del 2005 che ne propose l’abrogazione. E oggi, a dieci anni dal varo della legge che regolò per la prima volta la procreazione medicalmente assistita per riordinare il cosiddetto «far west della provetta», l’attacco contro una delle colonne di quella struttura termina vittoriosamente. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato illegittimo il divieto della fecondazione eterologa, un termine improprio che però indica nella comune accezione l’impiego di gameti (ovocita femminile e spermatozoo maschile) non appartenenti alla coppia, donati e in molti Paesi venduti.
Il no a questa tecnica costituiva l’ultimo pezzo rimasto in piedi di un testo ferocemente aggredito da associazioni, pazienti, società scientifiche e una parte della politica. In pratica era un susseguirsi di paletti che, specie all’inizio, hanno compromesso il buon esito di tanti cicli di terapie per la ricerca del concepimento. I divieti sono caduti uno a uno sotto la falce di tribunali e Consulta. E le polemiche divampano subito. «La demolizione della legge 40 è un atto grave, arbitrario, infondato. Se ne dovrà occupare il Parlamento. Nessuno si illuda di affrontare un tema così rilevante con atti amministrativi o giudiziari» ha detto il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, Fi. «È l’ultima follia dell’Italia, fecondazione selvaggia per tutti. Uno choc» scrive il settimanale cattolico Famiglia Cristiana . Renzo Pegoraro, dell’Accademia Pontificia per la Vita, esprime «sconcerto e dispiacere. Ci saranno conseguenze nella famiglia». «I costituenti si saranno rivoltati nelle tombe», commenta duro. Carlo Flamigni, grande nome della ginecologia internazionale si dice invece più sereno: «Viviamo in un Paese laico». Il Pd compatto: «È un segno di civiltà».
La prima grande spallata arrivò nel 2008 quando venne abbattuto, sempre dalla Corte costituzionale, il limite dei tre embrioni (i frutti del concepimento)che sarebbe stato possibile creare in provetta. Con la decisione di ieri la «Quaranta», come viene chiamata in gergo, approvata dal Parlamento durante il governo di Berlusconi, in pratica finisce di esistere, già inficiata nel corso degli anni da una ampia serie di sentenze di tribunali. Da ricordare fra le più significative quella sulla liceità della diagnosi preimpianto dell’embrione per diagnosticare malattie di cui i genitori sono portatori.
Hanno pianto e riso di felicità gli avvocati che hanno sostenuto i diritti di molte coppie senza mai arrendersi. Filomena Gallo, Marilisa D’Amico, Maria Paola Costantini, Gianni Baldini hanno accolto con giubilo la notizia del verdetto della Consulta arrivato dopo due sedute in camera di Consiglio, molto sofferto secondo alcune indiscrezioni. Secondo quanto è trapelato il sì all’illegittimità avrebbe prevalso di poco. Addirittura un otto a sette. Relatore Giuseppe Tesauro autore nel ‘96 di una decisione innovativa come avvocato generale presso la Corte di Giustizia europea. Al centro il caso di un transessuale licenziato dopo il cambio di sesso. Riuscì a far prevalere il principio del mantenimento del posto in virtù della non discriminazione.
È di sicuro una svolta storica. In questi dieci anni migliaia di italiani sono andati all’estero per risolvere i loro problemi, 2 mila all’anno quelli che tentano la strada dell’ovodonazione in centri stranieri, secondo Andrea Borini, della società scientifica Sifes (Società italiana fertilità e sterilità). Secondo i legali che hanno scritto i ricorsi, il divieto dell’eterologa è discriminatorio perché sfavorisce le coppie in base alla diagnosi, anche economicamente, e viola il diritto alla salute. Non si vengono a creare vuoti normativi. I bambini nati con queste tecniche all’estero sono già tutelati in altra parte della stessa legge. E anche l’eterologa è «coperta» da regole ministeriali in vigore prima del 2004. Potrebbe riprendere da subito dai centri privati appena si organizzano. Ma non in ospedale dove sono permesse solo tecniche omologhe (con gameti non donati). Serviranno chiarimenti da parte della Salute.
Margherita De Bac

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