Europee: Pd al 33%, ma il primo partito è l’astensione

by redazione | 5 Aprile 2014 8:58

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La campagna elettorale per le elezioni europee presenta diverse incognite riguardo agli elettori e alle loro motivazioni di voto. Da sempre le Europee rappresentano una tornata elettorale particolare, caratterizzata da una sorta di strabismo: i cittadini votano per eleggere il Parlamento europeo (di cui peraltro sanno poco o nulla) ma scelgono quale partito votare in una prospettiva quasi esclusivamente locale, per dare forti segnali di approvazione o di dissenso al proprio partito, al governo in carica, al premier o all’opposizione, in una sorta di referendum. Il voto del 25 maggio sembra assumere una valenza diversa rispetto al passato, tenuto conto degli atteggiamenti critici nei confronti della politica dell’Ue che dall’estate del 2011 hanno iniziato a diffondersi in Italia, talora con accenti molto duri, mettendo in discussione la nostra appartenenza e, sia pure minoritariamente, il mantenimento dell’euro.
Rappresenta quindi anche un referendum pro o contro l’Ue, dunque un doppio referendum. Da ultimo, nello stesso giorno si voterà per l’elezione del sindaco e il rinnovo dei consigli comunali in oltre un Comune italiano su due. Non è un fatto inedito, ma quest’anno presenta alcuni aspetti che potranno influenzare l’esito delle elezioni europee e indurre comportamenti di voto selettivi e scelte disgiunte: per il Nuovo centrodestra di Alfano, ad esempio, le Europee rappresentano un vero banco di prova per misurare per la prima volta il proprio consenso elettorale e prefigurare le strategie future; sarà quindi in forte competizione con Forza Italia con cui però sarà presumibilmente alleato nella maggior parte dei Comuni al voto. In questo difficile contesto, il livello di interesse per le Europee come di consueto appare piuttosto limitato: gli italiani si dividono all’incirca a metà tra chi si dichiara molto (16%) o abbastanza (34%) interessato a questo appuntamento e chi, al contrario, lo è poco (32%) o per nulla (16%). L’interesse prevale nettamente tra gli elettori del Pd e del Ncd. Prevale, sia pure in misura meno netta, anche tra gli elettori del M5S, mentre tra gli elettori di Forza Italia sono decisamente più numerosi i disinteressati. Coloro che prevedono di andare sicuramente a votare rappresentano meno di un elettore su due (46%); a costoro si aggiunge il 17% che si dichiara possibilista, mentre il 6% è fortemente indeciso e il 31% esclude di recarsi alle urne.
La prima incognita, dunque, è la partecipazione al voto: nel 2009 il partito del non voto (astensionisti più schede bianche e nulle) raggiunse la cifra record del 38% circa (i voti validi furono il 62%) con un incremento di quasi il 3% rispetto al 2004. Dal sondaggio odierno, che risulta una sorta di fotografia istantanea, non certo una previsione dell’esito finale, emerge che la cosiddetta «area grigia» costituita dall’astensione e dall’indecisione rappresenta quasi due elettori su cinque (39,1%). La graduatoria dei partiti conferma lo scenario tripolare emerso alle elezioni dello scorso anno e vede in testa il Pd con il 33,3% delle preferenze, seguito da M5S e Forza Italia che risultano appaiati poco sopra il 21%, da Ncd insieme a Udc e Popolari per l’Italia (5,7%) e dalla Lega Nord (5,3%). Tutti questi partiti (oltre a Svp) si suddividerebbero i 73 seggi assegnati all’Italia. Scelta civica per l’Europa, insieme a Centro democratico e Fare, è accreditata del 3,8%, quindi di poco sotto la soglia di sbarramento del 4%, come pure Fratelli d’Italia-An (3,5%). Un’altra Europa per Tsipras, la lista sostenuta da intellettuali ed esponenti della società civile e da alcuni partiti della sinistra, è più distante e si colloca al 3,1%. Tutti i restanti partiti risultano sotto l’1%. In un clima nel quale i sentimenti di anti politica che hanno caratterizzato il voto del 2013 non accennano a diminuire e la crisi peggiora le condizioni di vita di un numero sempre maggiore di cittadini, la capacità di mobilitazione degli elettori più apatici da parte dei partiti e dei loro leader sarà decisiva. E, a questo proposito, si osserva che nell’insieme risultano premiate le forze politiche che sostengono posizioni critiche o fortemente ostili nei confronti dell’Europa. Sono posizioni che incontrano il consenso prevalente (ma non esclusivo) dei ceti più popolari, delle persone meno istruite e di quelle più penalizzate dalla crisi economica. La campagna elettorale è solo all’inizio, ma alla luce di tutti questi elementi appare estremamente complessa.

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