Ergastolo e arresto in aula per Brega Massone, il chirurgo dei «tagli inutili»
MILANO — Il bisturi come un’ arma, la cartella clinica come un bancomat. Per la prima volta nella storia giudiziaria italiana un chirurgo viene condannato e poi arrestato in aula per omicidio volontario e truffa ai danni dell’erario con l’accusa di aver ucciso con le sue mani quattro pazienti operandoli, nonostante fossero malati terminali o troppo anziani, con interventi inutili e dannosi fatti solamente per far incassare alla struttura sanitaria privata i rimborsi munifici del servizio sanitario nazionale che garantivano premi economici che finivano nelle sue tasche e in quelle della sua équipe.
Pier Paolo Brega Massone, 49 anni, arrestato nel giugno 2008 dalla Guardia di finanza nell’inchiesta sulla Santa Rita di Milano, ribattezzata la «Clinica degli orrori», come avevano chiesto i pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano è stato condannato al carcere a vita e all’isolamento diurno per tre anni dalla prima corte d’assise di Milano anche per 45 casi di pazienti che sono sopravvissuti alle operazioni. «Cose inspiegabili», le hanno definite i pm, «mutilazioni» inutili con «asportazioni di pezzi più o meno grossi di polmone» che permettevano alla Santa Rita di ottenere 11 mila euro per ciascuno degli interventi eseguiti senza fare prima quegli esami diagnostici che ne avrebbero provato l’inutilità. L’ accusa di omicidio era basata sul «dolo eventuale», sul fatto cioè che i chirurghi avevano «accettato cinicamente il rischio, ampiamente prevedibile, della morte dei pazienti».
Condannati anche gli aiuti Pietro Fabio Presicci, che proprio ieri compiva i 50 anni, e Marco Pansera, 43 anni, che invece di impedire le operazioni, fatte tra il 2005 e il 2006, hanno condiviso quella che l’accusa ha definito la «aggressività» del primario di chirurgia toracica: 30 anni (era stato chiesto l’ergastolo) a Presicci, complice di Brega in due omicidi, e 26 (chiesti 18) a Pansera, responsabile di un omicidio con Brega. Pene tra 12 e 27 mesi per reati minori anche agli altri otto imputati, medici e anestesisti. Brega Massone, Presicci e Pansera erano stati già condannati in un primo processo per un’altra ottantina di lesioni a 15, 10 e 6 anni e 9 mesi. Dei tre, in carcere si trovava solo Presicci. Brega da gennaio era in libertà dopo 4 anni di reclusione a seguito di una decisione della Cassazione arrivata dopo un complicato iter giudiziario. L’ex primario ha ascoltato solo con qualche commento sottovoce la lettura da parte del presidente Anna Introini della sentenza e della lunga lista delle provvisionali (fino a centomila euro) per i risarcimenti ai pazienti, ai loro familiari e ad alcuni enti e associazioni, come Regione Lombardia, Ordine dei medici e Medicina democratica. Alla fine, per uscire si è lasciato accompagnare ad un’uscita laterale che, invece, lo ha portato in carcere di Bollate. La procura, infatti, aveva chiesto ai giudici di arrestarlo in aula perché «c’era la possibilità concreta che fuggisse», hanno spiegato Pradella e Siciliano secondo le quali l’ex primario ha «disponibilità economiche» e una «rete di contatti» che potrebbero consentirgli anche di lasciare l’Italia.
Già ferita dalla sentenza, la moglie di Brega Massone, Barbara Magnani, è rimasta basita mentre la Gdf prendeva in consegna il marito. Poi ha sbottato: «È normale condannare un medico all’ergastolo? Non vogliono che esca la verità, hanno sempre rifiutato una perizia. A Milano con c’è speranza». Le richieste dei difensori di Brega Massone, gli avvocati Luigi Fornari e Oreste Dominioni, di una perizia d’ufficio sulle operazioni, così come nell’altro processo, anche in questo sono state rigettate dai giudici che hanno considerato sufficiente quello le consulenze che delle parti che sono agli atti. Nessuna reazione dall’ex primario. Non per «freddezza», ha detto la moglie: «I sentimenti ce li ha, solo che per dignità e non li fa vedere».
Giuseppe Guastella
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