Electrolux ritira i licenziamenti Il governo garantisce la solidarietà
Per giudicare l’esito di una vertenza lunga tre mesi conviene partire da «Cairo 3», una linea di produzione di frigoriferi di gamma intermedia destinata originariamente all’Ungheria e ora rimasta nello stabilimento trevigiano di Susegana. Prodigi della (vituperata) concertazione. Se l’Italia non è andata (non ancora, almeno) in Polonia per un costo del lavoro quattro volte più basso, l’Est Europa invece torna da noi e anche questo testimonia la volontà di Electrolux di continuare a credere nel nostro Paese (con investimenti per 150 milioni di euro suddivisi tra gli impianti di Porcia, Susegana, Solaro e Forlì) e le relative garanzie occupazionali per gli esuberi prima annunciati e ora ritirati in blocco fino al 2017.
Ieri la multinazionale svedese ha presentato il piano industriale dei prossimi quattro anni nell’incontro al ministero dello Sviluppo economico (a far gli onori di casa Federica Guidi, presente anche il suo collega al Welfare Giuliano Poletti). Fuori un presidio di circa 100 lavoratori e otto ore di sciopero in tutti gli stabilimenti. Gli occhi, però, erano fissati su quello che stava succedendo a Roma alla presenza anche dei governatori delle regioni coinvolte. Il management del gruppo di elettrodomestici ha deciso di ritirare il piano di licenziamenti annunciato a gennaio e anche la contestuale riduzione dei salari paventata in un primo momento. Si è impegnata a conservare l’attuale forza lavoro fino al 2017. L’esito è tutto sommato positivo, anche se qualche criticità rimane soprattutto per il futuro del sito di Porcia dove i volumi di produzione sono previsti in diminuzione dagli attuali 1,1 milioni di pezzi a circa 750 mila. Dice Debora Serracchiani, governatore della regione Friuli ( lo stabilimento di Porcia è in provincia di Pordenone) che la preoccupazione resta, ma viste le basi di partenza si può essere un po’ più sereni. La quadra è stata trovata grazie alla decontribuzione dei contratti di solidarietà inserita dal governo nel decreto legge lavoro ora in attesa della conversione. Quei 15 milioni di euro messi sul piatto dall’esecutivo serviranno a gestire le modifiche dei cicli produttivi ripensati per abbassare il costo-prodotto. I turni diventeranno di 30 ore settimanali (e non più quaranta) suddivisi su cinque turni lavorativi. Le ore in eccedenza verranno compensate da questo strumento invocato dall’azienda e infine accettato dal governo che consentirà una maggiore flessibilità organizzativa. Restano ancora molti nodi, perché Electrolux produce in Italia a un costo del lavoro pur sempre quattro volte più alto della Polonia e della Turchia e da qui non si sfugge. Questi quattro anni serviranno all’azienda per puntare sull’innovazione e sulla ricerca per riconvertire progressivamente la produzione verso l’alto gamma. Al tempo stesso le regioni dovranno mettere in campo tutte le azioni affinché nel 2017 non arrivino i licenziamenti. Incentivi all’esodo e all’autoimprenditorialità (peraltro già sperimentati quattro anni fa utilizzando anche i capannoni che l’azienda dismetteva), i fondi Ue per la formazione, quelli governativi per la ricerca e sviluppo, anche investimenti in fonti rinnovabili per ridurre il costo fisso dell’energia non ammortizzabile sul lungo termine. Il prossimo 16 aprile ci sarà un primo incontro tra azienda e sindacati per mettere a punto i dettagli. Per ora la paura è passata.
Fabio Savelli
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