De Gennaro e Moretti, i gattopardi di Palazzo Chigi

De Gennaro e Moretti, i gattopardi di Palazzo Chigi

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«Tutto cambi per­ché nulla cambi». Le nomine del gat­to­pardo di palazzo Chigi hanno quella spol­ve­rata di novità di genere, unico fatto apprez­za­bile anche se cir­co­scritto alle pre­si­denze delle società pub­bli­che, ma quando si passa dai generi ai cognomi si rin­trac­cia il pro­filo noto di quelle dina­stie impren­di­to­riali nazio­nali, si pre­mia l’establishment eco­no­mico pri­vato che in que­sti anni non ha sem­pre dato buona prova di attac­ca­mento all’interesse col­let­tivo e a visioni inno­va­tive dei pro­dotti e nei rap­porti di lavoro si pre­miano mis­sion indu­striali che hanno avuto più a cuore i pro­fitti che il lavoro, gli inve­sti­menti, la com­pe­ti­ti­vità del nostro sistema, speso godendo di com­messe anche pub­bli­che. E che ci ripro­pon­gono in con­tem­po­ra­nea nomine e licen­zia­menti, come accade in que­sti giorni in Mar­ce­ga­glia, che chiude lo sta­bi­li­mento di Milano con i suoi 169 lavo­ra­tori.
Col­pi­sce in par­ti­co­lare l’attenzione che viene dedi­cata alla nomina di Moretti a Fin­mec­ca­nica. Non si può non ricor­dare che la gestione Moretti alle fer­ro­vie ha signi­fi­cato il sacri­fi­cio del tra­sporto fer­ro­via­rio pub­blico locale. Una visione del sistema fer­ro­via­rio cen­trato su poche tratte red­di­ti­zie legate all’alta velo­cità, con l’impegno vorace di risorse per infra­strut­ture che impe­gnano il ter­ri­to­rio, immo­bi­liz­zano spesa e in alcuni casi hanno ali­men­tato sistemi cor­rut­tivi su cui sta inda­gando la magi­stra­tura. Tutto que­sto in una gestione che ha ridotto i costi, con un peg­gio­ra­mento dell’occupazione e delle con­di­zioni di lavoro nelle fer­ro­vie. Oggi si con­se­gna Fin­mec­ca­nica a un pre­si­dente come De Gen­naro e a un Ad come Moretti che non hanno nei loro pro­fili e nelle loro sto­rie per­so­nali le com­pe­tenze utili per gover­nare que­sta impresa che è più inter­na­zio­nale, più com­plessa e arti­co­lata delle Fer­ro­vie e che forse richie­de­rebbe più un team che “un solo uomo al comando”, come è nelle carat­te­ri­sti­che dell’ex Ad delle fer­ro­vie.
Inol­tre a Fin­mec­ca­nica, che ha subito nella gestione Pansa una con­cen­tra­zione sul mili­tare a sca­pito del civile, ser­vi­rebbe, prima dell’Ad, un piano indu­striale che rilanci quest’ultimo a par­tire da Fin­can­tieri, pas­sando per le pos­si­bi­lità che può offrire al paese Ansaldo Ener­gia sullo svi­luppo di tec­no­lo­gie per le Smart City fino alla rior­ga­niz­za­zione di un polo per la pro­du­zione del mate­riale fer­ro­via­rio e per il segna­la­mento con Sts che sal­va­guardi la Breda, oggi a rischio di sven­dita e ridi­men­sio­na­mento occu­pa­zio­nale e rico­sti­tui­sca una pro­du­zione di bus pub­blici, come ha chie­sto anche tutto il par­la­mento ita­liano con una mozione pro­mossa da Sel, riu­ni­fi­cando la Mena­rini e la ex Iri­sbus Fiat. Moretti affron­terà que­sto cam­bio di stra­te­gia o con­fer­merà la sua fama di ridut­tore di costi e di razio­na­liz­za­tore. In que­ste nomine non c’è una visione e un pro­getto di poli­tica indu­striale e del ruolo delle società pub­bli­che nel gui­dare e soste­nere una poli­tica di inve­sti­menti, sal­va­guar­dando il nostro patri­mo­nio indu­striale, rilan­ciando l’economia per tute­lare e svi­lup­pare l’occupazione più di quanto quanto farà qua­lun­que prov­ve­di­mento sul mer­cato del lavoro, come il decreto Poletti in discus­sione in que­ste ore alla Camera, che aumen­tando la pre­ca­rietà a sca­pito del lavoro a tempo inde­ter­mi­nato lascia soli e pre­cari i lavo­ra­tori respon­sa­bili unici di offrirsi al prezzo più basso sul mercato.


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