Il colpo al cuore del Biscione

Loading

La storia. . È stato il vero creatore del partito azzurro. Eletto – come disse lui stesso – solo «per sfuggire all’arresto», se cade uno cade anche l’altro. E sull’impero di Arcore calerebbe il sipario

Non è il cuore dello stato, ma quello del sistema ber­lu­sco­niano, tanto azien­dale quanto poli­tico, cer­ta­mente sì. L’ex sena­tore Mar­cello Dell’Utri è stato uno dei pila­stri dell’impero Media­set ma anche il vero archi­tetto del partito-azienda che per vent’anni ha domi­nato la poli­tica italiana.

Quando, con un teme­ra­rio colpo di genio, Sil­vio Ber­lu­sconi capì che la sola pos­si­bi­lità di sal­vare le sue aziende, dopo l’affossamento del poten­tis­simo pro­tet­tore Bet­tino, era sosti­tuirsi a lui in prima per­sona, il com­pito di creare dal nulla un par­tito lo affidò al miglior orga­niz­za­tore alle sue dipen­denze: Mar­cello Dell’Utri, classe 1941, paler­mi­tano, colto e intel­li­gente, lati­ni­sta eru­dito ma anche uomo di potere assai ben amma­ni­cato, gran biblio­filo (nono­stante la fre­ga­tura presa acqui­stando nel 2007, per 12 sonanti milioni di euro, la patacca dei falsi diari di Mussolini).

Era stato lui a costruire negli anni ’80 le for­tune di Publi­ta­lia, la con­ces­sio­na­ria pub­bli­ci­ta­ria dell’allora Finin­vest: una mac­china da guerra, la vera forza d’urto del Biscione. Prima o poi biso­gnerà stu­diare meglio la pecu­liare strut­tura del sistema ber­lu­sco­niano, la pun­tuale tra­sfor­ma­zione degli amici d’adolescenza in stret­tis­simi col­la­bo­ra­tori. I soli di cui l’ex cava­liere si fidi dav­vero. Quelli che hanno già un posti­cino vicino a lui nel mau­so­leo di Arcore, per non essere sepa­rati nem­meno nella tomba. Nono­stante qual­che scre­zio ci sia stato, in un’amorosa saga di sepa­ra­zioni e pun­tuali riconciliazioni,

Mar­cello Dell’Utri è, a pari merito con Fedele Con­fa­lo­nieri, il sodale di più antica data. A 23 anni, nel ’64, era già segre­ta­rio dell’amico cono­sciuto alla Sta­tale di Milano, di appena cin­que anni più anziano ma già ambi­zio­sis­simo. All’epoca non si trat­tava di tele­vi­sioni o par­titi ma di squa­dre di cal­cio: il futuro onni­po­tente spon­so­riz­zava una squa­dretta, il «Tor­re­scalla», il segretario/amico la alle­nava. Il primo soda­li­zio dura poco.

Dell’Utri si spo­sta a Roma, poi in Sici­lia. Il ritorno nella galas­sia dell’amico, diven­tato nel frat­tempo il prin­cipe dei palaz­zi­nari, è del ’74: segre­ta­rio di Edil­nord, ammi­ni­stra­tore dell’Immobiliare san Mar­tino, cura­tore della ristrut­tu­ra­zione della villa di Arcore, com­prata per quat­tro soldi dalla sban­da­tis­sima mar­che­sina Casati Stampa gra­zie ai buoni uffici di Pre­viti, che dovrebbe fare gli inte­ressi della pro­prie­ta­ria sua cliente, ma capi­sce dove tirano vento e quat­trini e si occupa invece di quelli dell’acquirente. Dell’Utri porta in dote, dalla natia Sici­lia, cono­scenze e rap­porti tanto equi­voci quanto preziosi.

Tra que­sti c’è Vit­to­rio Man­gano, uomo d’onore e ter­mi­nale di Cosa nostra a Milano che Dell’Utri intro­duce ad Arcore come «fat­tore» e stal­liere. Una tele­fo­nata tra lui e Ber­lu­sconi del ’75, subito dopo l’esplosione di una bomba piaz­zata in villa dal «fat­tore», dimo­stra che i due sape­vano per­fet­ta­mente con chi ave­vano a che fare, ma chia­ri­sce anche il rap­porto e il gioco di ruoli che li lega. Il sici­liano è pre­oc­cu­pato, meti­co­loso, insi­ste per chia­rire la fac­cenda (ma senza sco­mo­dare la magi­stra­tura). Il lom­bardo la prende a ridere: «Ma dai Mar­cello che vuoi che sia? Voleva farci sapere che è uscito di pri­gione. Un altro man­dava un biglietto, Man­gano mette una bomba. Pen­siamo alle cose serie, che quelle di Drive In ci hanno dato buca per capodanno!».

Nel ’77 nuova sepa­ra­zione per non meglio chia­rite «diver­genze» ma cin­que anni dopo Dell’Utri è di nuovo ad Arcore, sta­volta con la mis­sione di fare delle tv dell’ex com­pa­gno di uni­ver­sità un impero. Lo assolve in pieno e dall’84 è ammi­ni­stra­tore dele­gato della Fini­vest. Quando lo stato mag­giore del Biscione si spacca sull’azzardo della «discesa in campo» lui sta con i duri che spin­gono per l’arrembaggio poli­tico. È anzi il più deciso e il più ope­ra­tivo di tutti.

Forza Ita­lia è una sua crea­tura. È Publi­ta­lia a cer­care e sele­zio­nare i can­di­dati, a tra­va­sare i suoi qua­dri nelle liste elet­to­rali, a fon­dare uno per uno i club Forza Ita­lia. L’artefice del mira­colo poli­tico lo ammet­teva senza peri­frasi: «Publi­ta­lia ha creato Forza Ita­lia. Chi altri ? Negarlo sarebbe come negare che sta­sera c’è la luna. Siamo come un gruppo di mis­sio­nari e quella era la nostra mis­sione. Ma ora si torna a casa, a ven­dere pub­bli­cità». A «casa» Dell’Utri ci rimase per poco.

Arre­stato nel ’95 per i fondi neri Publi­ta­lia, l’anno dopo era depu­tato azzurro, poi euro­de­pu­tato, infine, dal 2001 al 2013, sena­tore. Ne avrebbe volen­tieri fatto a meno: «Della poli­tica non me frega niente. Mi sono can­di­dato per legit­tima difesa, per pro­teg­germi dall’arresto», ammet­terà. Il tea­trino della poli­tica non riu­scirà mai a con­qui­starlo. Resterà con­si­gliere tra i più ascol­tati, sem­pre pre­sente nelle deci­sioni impor­tanti, ma il grosso del tempo lo passa a difen­dersi dalla sla­vina di pro­cessi che lo vedono impu­tato e a rac­co­gliere i 120mila volumi di volumi rari rac­colti nella cele­bre biblio­teca di via del Senato a Milano.

Lati­tante o meno che sia, se mar­tedì pros­simo la con­danna a carico di Dell’Utri sarà con­fer­mata, sarà il crollo finale dell’impero che pro­prio lui, più di chiun­que altro, ha col­la­bo­rato a edi­fi­care. La crepe sono tante, dal bava­glio che impe­dirà al capo di attac­care i giu­dici alle voci di immi­nente defe­zione dell’ex fede­lis­simo Paolo Bona­iuti: l’uscita di scena di don Mar­cello sarebbe la più insa­na­bile. Sta­volta il sipa­rio cala davvero.



Related Articles

Giovanardi e Serpelloni, il duo antieuropeo

Loading

Il duo Giovanardi – Serpelloni ha impresso una svolta radi­cale, ideo­lo­gica e con­ser­va­trice, alla poli­tica ita­liana sul piano inter­na­zio­nale, a sca­pito dell’intesa con l’Europa

Storie di tango e di fango Dai bassifondi al Vaticano

Loading

LE RELAZIONI PERICOLOSE TRA LA CHIESA E LA DANZA ARGENTINA
Pio X preferiva la furlana, ma non trovava così peccaminoso il nuovo ballo. A dispetto di Benedetto XV. E c’è anche chi ne ha svelato la dimensione mistica Un papa che ama il tango. E se fosse questa la vera novità  legata all’elezione di Francesco I?

Da gennaio stipendio tagliato ai parlamentari pronto un emendamento della maggioranza

Loading

Le retribuzioni per cariche elettive e manager pubblici adeguate alla media Ue.  La modifica verrà  inserita nel maxiemendamento su cui l’esecutivo porrà  la fiducia. L’articolo 23 della manovra prevede un decreto ad hoc se non ci sarà  la misura entro il 2011 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment