Camusso : “Sviluppo senza costruire”

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«Non ci pre­oc­cupa che il governo non ci voglia incon­trare: tanto noi con­ti­nuiamo e con­ti­nue­remo a farci sen­tire». Con un sor­riso, ma riba­dendo le sue cri­ti­che all’esecutivo, Susanna Camusso si rivolge diret­ta­mente al mini­stro delle Infra­strut­ture Mau­ri­zio Lupi, seduto pro­prio accanto a lei. Siamo al con­gresso nazio­nale della Fil­lea, gli edili della Cgil, e molti aspet­ta­vano que­sto con­fronto per par­lare del futuro delle costru­zioni. Set­tore che ha perso 750 mila posti di lavoro da ini­zio crisi, in sei anni, e che ha biso­gno urgen­te­mente di ossigeno.

Camusso comun­que è stata chiara, e ha cen­trato subito l’opposizione della Cgil al decreto Poletti: «Si è pas­sati dal volere rivo­lu­zio­nare tutto e cam­biare la con­di­zione di pre­ca­rietà con il Jobs Act – ha detto – al più vol­gare e nor­male decreto rei­te­rato, che ripete le ricette del pas­sato, secondo una logica di con­ser­va­zione». «I con­tratti a ter­mine – ha con­ti­nuato la lea­der Cgil – non diven­tano altro che una sosti­tu­zione meno costosa dei con­tratti di som­mi­ni­stra­zione, ripe­ti­bili quante volte vuoi. E l’apprendistato, dopo che gli hai tolto la for­ma­zione, con­serva di spe­ci­fico solo il rispar­mio sui con­tri­buti»: quindi ancora una con­ve­nienza solo per l’impresa.

Il mini­stro Lupi non si è fatto con­vin­cere, e se sul tema degli incon­tri con il sin­da­cato ha detto di «essere favo­re­vole al dia­logo, l’importante che poi ci si prenda la respon­sa­bi­lità di deci­dere», sul decreto invece ha tenuto la linea dura. «Del decreto sul lavoro non si tocca nulla  – ha repli­cato – Non stiamo scher­zando. È il frutto di un accordo serio fatto alla nascita del governo. Even­tual­mente lo si può miglio­rare nella dire­zione in cui va già, ovvero assi­cu­rare più fles­si­bi­lità in entrata, in modo che gli impren­di­tori si sen­tano in grado di assu­mere. La disoc­cu­pa­zione è al 13%».

Un mag­giore «dia­logo» la Cgil ha potuto riscon­trarlo sui temi spe­ci­fici del con­gresso degli edili, la cui parola d’ordine è «supe­rare la crisi senza costruire nuove case». Il segre­ta­rio della Fil­lea Wal­ter Schia­vella ha spie­gato che «que­sto può sem­brare un para­dosso, ma non lo è: si deve inve­stire, ma per recu­pe­rare i nostri cen­tri sto­rici, per il riu­ti­lizzo, per riqua­li­fi­care le scuole e le peri­fe­rie, per costruire quelle infra­strut­ture che ser­vono». La Fil­lea ha infatti fir­mato, insieme a Cisl e Uil e all’Ordine degli archi­tetti, un pro­to­collo per con­ver­tire il set­tore edi­li­zio «al bello e al green».

D’altronde il sin­da­cato chiede rispo­ste, imme­diate, al governo: «Bene gli inve­sti­menti su scuola e dis­se­sto idro­geo­lo­gico per 5 miliardi – dice Schia­vella – Non risol­vono la crisi ma sono un ini­zio: essen­ziale però è che si parta subito, già da giu­gno, per­ché le imprese sono al col­lasso e la cig si sta esau­rendo».
Sui tempi, il mini­stro Lupi ha rispo­sto di voler acce­le­rare, ma che spesso i pas­saggi con le altre isti­tu­zioni o con la buro­cra­zia non glielo per­met­tono: «Fac­cio solo l’esempio della Napoli-Bari – spiega – che vor­rei avviare entro due mesi. La Soprin­ten­denza pugliese mi ha assi­cu­rato pre­sto l’ok, men­tre quella cam­pana dice che deve pas­sare un anno. Risul­tato, tra una cosa e l’altra: por­remo la prima pie­tra nel 2018». Insomma, anche qui il governo pare avere inten­zione di «velo­ciz­zare» e cen­tra­liz­zare le deci­sioni, pro­prio sul fronte delle opere pubbliche.

Quanto alle città e al tema casa, anch’esso cal­dis­simo, l’urbanista Paolo Ber­dini, che di recente è entrato nell’Osservatorio Fil­lea, ha spie­gato che nell’ultimo ven­ten­nio si è costruito tan­tis­simo, e che que­sta sovra­pro­du­zione ha con­tri­buito tra l’altro a far calare il valore delle pro­prietà immo­bi­liari dopo il boom dei prezzi avviato con il pas­sag­gio dalla lira all’euro.

«Ci sono 1,5 milioni di immo­bili inven­duti, e un biso­gno di almeno 600 mila alloggi popo­lari – ha spie­gato Ber­dini – Negli ultimi anni il valore delle case, soprat­tutto nella pro­vin­cia, è sceso del 20–40%, il che crea gravi pro­blemi a chi si è inde­bi­tato negli anni pas­sati con mutui pesanti. Se costruiamo ancora, ci sarà una ulte­riore sva­lu­ta­zione di que­sto patri­mo­nio: piut­to­sto, pen­siamo a riqua­li­fi­care quello che già abbiamo. Ma creiamo anche tra­sporti pub­blici seri per i pen­do­lari, e auto­strade essen­ziali per lo svi­luppo, quelle imma­te­riali: non ci volevo cre­dere quando mi hanno detto che Civita Castel­lana, terzo polo cera­mi­stico ita­liano, non ha Internet».

«Con­sumo del suolo zero», quindi. Posi­zione su cui Lupi si dice d’accordo, con un’integrazione: «Par­liamo anche di demo­lire e rico­struire, dove è neces­sa­rio: negli Usa si può fare con grande faci­lità, da noi sem­bra sem­pre un problema».

La Cgil è d’accordo, ma con dei distin­guo: «Ok demo­lire quello che non ci piace, come peri­fe­rie invi­vi­bili, da rico­struire per miglio­rare la vita di chi ci vive – dice Susanna Camusso – ma atten­zione alle zone deli­cate dal punto di vista sto­rico o cul­tu­rale. Ci fa pia­cere che si parli di indu­stria delle costru­zioni, per cui noi oggi chie­diamo seri piani indu­striali, ma ricor­dia­moci anche quello che è già oggi l’Italia, gra­zie al suo pas­sato: una per tutte, ricor­dia­moci di Pompei».


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