Cambiano cella 250 superboss a Milano staffetta Riina – Provenzano
PALERMO – Salvatore Riina, il capo dei capi, sta ancora sistemando la sua nuova cella al 41 bis, nel carcere di Parma. Ma ieri mattina si è presentato puntuale all’appuntamento con il processo “Trattativa”, collegato in videoconferenza. E al suo avvocato, Giovanni Anania, ha detto soddisfatto: «Si sta bene in questo nuovo carcere, meglio di Milano ». Ancora più entusiasta un altro boss della Cupola mafiosa, Leoluca Bagarella, trasferito qualche giorno fa dai bracci del carcere duro di Ascoli a quelli di Tolmezzo, fra le montagne del Friuli: «Mi ha detto che finalmente riesce a vedere un pezzo di cielo — sorride l’avvocato Anania — . E non i topi».
I padrini al 41 bis ostentano serenità all’indomani della maxi operazione di trasferimento disposta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il provvedimento firmato dal direttore generale Roberto Piscitello riguarda 250 boss di tutte le mafie. «Un’operazione che avviene ogni 3-4 anni — spiegano al Dap — per evitare che i detenuti si radichino troppo in un ambiente ». E, dunque, riescano a trovare il modo di comunicare con l’esterno. Perché i boss continuano a provarci, di recente con maggiore insistenza. Lo sottolineano alcune informative della Direzione nazionale antimafia firmate dagli ultimi due procuratori, Piero Grasso e Franco Roberti. A novembre, magistrati e vertice del Dap hanno convocato una riunione per fare il punto sui 19 penitenziari che ospitano i 700 reclusi al 41 bis. E in gran segreto è partita la macchina organizzativa per i trasferimenti: i primi sono scattati a fine marzo, fra imponenti misure di sicurezza. E molti capimafia si sono scambiate le celle.
Salvatore Riina ha lasciato Milano Opera, dove invece è arrivato il suo compagno di quarant’anni di delitti e misteri, Bernardo Provenzano, che al momento è ricoverato. «Le sue condizioni sono stazionarie ed è costantemente monitorato», ha scritto il Dap al ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Intanto, all’alba, sono stati prelevati anche i fratelli terribili di Brancaccio, all’ergastolo per aver piazzato le bombe del 1992 e del 1993. Giuseppe Graviano è stato trasferito dal carcere di Opera a quello di Ascoli Piceno. Filippo è stato accompagnato da Parma a l’Aquila. Trasferimento anche per uno storico boss della Camorra, Raffaele Cutolo. E per tutti i giovani capi di Cosa nostra siciliana, che non devono scontare ergastoli, ma sono già gli eredi dei “corleonesi”. A loro sembrava rivolto l’accorato appello alle armi che a settembre Salvatore Riina ha affidato al suo compagno dell’ora d’aria, il boss della Sacra Corona Unita Alberto Lorusso: «Organizziamola questa cosa, e non ne parliamo più». Riina chiedeva la testa del pubblico ministero Nino Di Matteo, l’animatore del pool che indaga sulla trattativa Stato-mafia. L’ha confermato, ieri mattina, anche il pentito Stefano Lo Verso, l’uomo che ha accudito Provenzano durante gli ultimi anni della sua latitanza. «Alcuni gliel’avevano giurata pure ad altri due pubblici ministeri, Maurizio de Lucia e Michele Prestipino, che quando passavano davanti alle gabbie ci guardavano con aria di sfida». Oggi, de Lucia è uno dei sostituti della Dna che si occupa dei rinnovi del 41 bis. Prestipino è il procuratore aggiunto che coordina la direzione distrettuale antimafia di Roma.
I trasferimenti nei bracci del 41 bis proseguiranno. Cambiano le celle, ma il gotha di Cosa nostra continua a conservare un patrimonio di segreti. Sulle stragi e sulle complicità eccellenti. Dice il pentito Lo Verso: «Nel 2004, Provenzano mi invitò a stare tranquillo. “Non mi cerca nessuno”. Disse che era protetto da politici e da alti funzionari dell’Arma».
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