by redazione | 15 Aprile 2014 11:49
Ogni rivoluzione ha il suo prezzo. Quello che il governo dovrà pagare per la rivoluzione ai vertici delle società controllate dal Tesoro ha la forma di un assegno con tanti zeri. A incassarlo ci penseranno i manager delle aziende a controllo pubblico. In particolare, di Eni, Enel e Terna in seguito al pressoché totale ricambio di uomini e, in parte, di strategia nelle aziende di proprietà dello Stato. Paolo Scaroni, Fulvio Conti e Flavio Cattaneo (se non verrà riconfermato), proseguiranno la loro carriera altrove, ma lo faranno con una ricca buonuscita. Oltre 16 milioni complessivi, in aggiunta agli oltre 70 milioni accumulati in nove anni alla guida dei tre colossi dell’energia.
Non tutti prenderanno la stessa cifra, ma tutti e tre hanno – per così dire – utilizzato lo stesso escamotage per aggiungere un generoso paracadute in caso di mancata riconferma. In pratica, hanno aggiunto all’incarico di amministratore delegato, che è stato rinnovato per tre anni (due volte dai governo Berlusconi e una volta dal governo Prodi) quello di direttore generale. Per il primo si prende un compenso stabilito per il lavoro svolto, più eventuali bonus. Ma senza ulteriori tutele. L’incarico di direttore generale, invece, è legato al contratto nazionale dei dirigenti e prevede pertanto una buonuscita, a compensare il fatto che i manager possono essere licenziati. Una pratica che un tempo era seguita per dare ai manager la possibilità di incidere il più efficacemente possibile in azienda; ma che non tutti applicano nel privato. Per esempio, si tende a preferire l’assegnazione di stock option , per legare la prestazione dei manager a quelli della società.
Le “liquidazioni” dei tre manager non peseranno sui conti del governo, ma sui bilanci delle singole società. Così come era avvenuto, nel decennio scorso, per altre liquidazioni che hanno fatto discutere negli anni passati. È stato il caso di Giancarlo Cimoli, che al momento di lasciare le Fs si è visto assegnare 6 milioni di buonuscita per poi passare in Alitalia, dove tre anni dopo se ne è andato con altri 3 milioni. Anche per Elio Catania, le Fs hanno porttato in dote a fine mandato 6,7 milioni.
Secondo quanto recentemente ricostruito dal settimanale L’Espresso, l’esborso maggiore sarà per Eni, visto che a Scaroni andranno 8,3 milioni. Ed anche il caso più complesso da ricostruire. C’è una voce legata alla risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale (3,2 milioni). A cui si aggiunge la cosiddetta clausola di “ non compete agreement” che vale altri 2,2 milioni: in sostanza, il manager si impegna per alcuni anni a non lavorare per i concorrenti di Eni. Infine, c’è una parte variabile di buonuscita legata ai risultati dell’ultimo triennio, calcolati in circa altri 2,1 milioni; nonché 800mila euro di Tfr e contributi previdenziali garantiti ai dirigenti Eni. Un conto a cui vanno aggiunti gli stipendi percepiti dal 2005 al 2012, pari a 29 milioni.
Più o meno lo stesso discorso vale per Fulvio Conti: Enel dovrà versare al suo amministratore delegato 2,8 milioni per la buonuscita da direttore generale e 3,5 milioni per la clausola di non concorrenza. Nei suoi tre mandati alla guida dell’ex monopolista elettrico, Conti ha guadagnato – tra compensi e bonus – una cifra che si aggira sui 25 milioni.
Infine, c’è il caso di Flavio Cattaneo. Nel caso non venisse riconfermato, la buonuscita da direttore generale per il numero uno di Terna per lui vale due annualità della parte fissa della retribuzione pari a 2,4 milioni. La vicenda dell’ex dg della Rai è la più singolare tra i manager dei tre colossi statali. Al momento della sua nomina nel 2005, lo stipendio era di 250mila euro. Mano a mano che la società si è quotata in Borsa e ha cominciato a crescere di capitalizzazione, è salito fino a 2,4 milioni, bonus compresi, come da bilancio 2012. In totale, nei suoi tre mandati Cattaneo ha guadagnato poco più di 11 milioni
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