Arriva il “Go” alternativa al Pil per misurare la crescita Usa
NEW YORK Nasce oggi l’alternativa al Prodotto interno lordo (Pil), una nuova statistica che privilegia “l’economia del fare”. Si chiama Gross Output, si può tradurre in Produzione lorda. Il battesimo ufficiale del nuovo indicatore avviene in questo 25 aprile negli Stati Uniti, l’economia più ricca del mondo. Non è un dato “alternativo” elaborato da economisti dissidenti, a pubblicarlo è il Bureau of Economic Analysis, arbitro ufficiale della congiuntura.
Tra le prime conseguenze di questo nuovo misuratore: l’economia americana appare quasi due volte più ricca di quanto risulti dal Pil; e meno dipendente dai consumi. Una delle conseguenze dell’introduzione di questo nuovo strumento dovrebbe essere proprio quello di contrastare la cultura “iperconsumistica” degli americani, sfatando il mito che i risparmi sono “improduttivi”. A spiegare cosa c’è dietro questa innovazione, la prima riforma statistica così profonda dal dopoguerra, è uno degli studiosi che l’hanno voluta, Mark Skousen, Presidential Fellow alla Chapman University e autore dello studio “The Structure of Production”. Skousen definisce la Produzione lorda «il primo utensile macroeconomico nuovo a entrare regolarmente in funzione da quando si diffuse l’uso del Pil negli anni 40». Il direttore del Bureau of Economic Analysis, Steven Lansfeld, è convinto che sarà un «potente strumento di analisi, in grado di offrire prospettive nuove».
La Produzione lorda misura la totalità di vendite in tutte le fasi dell’attività economica, cioè dalle materie prime ai semilavorati al prodotto finito. A differenza del Pil, che elimina volutamente le “duplicazioni” intermedie per rilevare il valore finale, questa statistica alternativa vuole includere appositamente tutti i passaggi. Perciò un’economia come quella americana, che oggi ha un Pil di 17.000 miliardi di dollari, ha una Produzione lorda che supera i 30.000. Di per sé questa potrebbe essere considerata come una pura illusione ottica, o una chirurgia estetica che cambia le statistiche senza cambiare la realtà sottostante. Ma i numeri che noi scegliamo per capire l’economia hanno una loro “vita” autonoma, nel senso che influiscono sulle percezioni, entrano nel gioco delle dottrine e delle ideologie. I numeri non sono neutrali, la politica li usa come obiettivi.
Il concetto di Produzione lorda in realtà non è nuovo, lo stesso Skousen ne attribuisce la paternità agli studi di Wassily Leontieff, economista di origine russa, naturalizzato americano, premio Nobel nel 1973, deceduto nel 1999 all’età di 93 anni. Leontieff lo aveva proposto fin dagli anni ‘30. I suoi seguaci come Skousen da almeno vent’anni conducono la battaglia a favore della Produzione lorda, sostenendo che «è un indicatore più fedele dell’attività economica totale». Il Pil, proprio perché “elide” i passaggi intermedi, porta a una sottovalutazione della «produzione di cose», quindi sottostima l’importanza dell’industria manifatturiera. Il Pil ha contribuito secondo Skousen a generare l’illusione che «i consumi sono il vero settore trainante dell’economia, poiché ne rappresentano oltre i due terzi». Di qui anche quella particolare cultura del consumismo che in America è dominante. George W. Bush subito dopo la tragedia dell’11 settembre 2001 esortò gli americani a «uscire, andare negli shopping mall, ricominciare a spendere», come un gesto addirittura “patriottico” per rilanciare l’economia e contrastare il terrorismo. Ma anche Barack Obama davanti alla recessione del 2008-2009, dopo avere varato degli sgravi fiscali alle famiglie, invitò gli americani a spendere quei soldi. Come se il risparmio fosse controproducente. Mentre
invece un problema dell’America da anni è proprio l’insufficiente propensione a risparmiare, che ha contribuito ai disavanzi della bilancia dei pagamenti con Germania e Cina. Tra le conseguenze immediate dell’adozione della Produzione lorda — che da oggi affianca e completa il Pil nelle statistiche ufficiali — si scopre che la recessione del 2008-2009 è stata assai più grave (meno 8% di Produzione lorda, rispetto al modesto meno 2% del Pil), ma anche che la ripresa dopo il 2009 è stata più vigorosa di quanto non si creda.
Quali potrebbero essere le conseguenze su altre economie, come quella italiana, se l’esempio Usa venisse generalizzato? Come auspicava Leontieff, ed anche l’altro premio Nobel Robert Solow, la Produzione lorda valorizzando «l’economia del fare» accentua l’attenzione sull’innovazione tecnologica, l’imprenditorialità, la formazione di capitale e il risparmio produttivo. E’ dunque un indicatore che spinge a riscoprire anche la vocazione manifatturiera di un paese come l’Italia. E premia quelle nazioni, Italia inclusa, dove tradizionalmente le famiglie hanno avuto capacità di risparmio elevata (anche se ridimensionata pesantemente dalla crisi). Non è tuttavia una riforma radicale come quella della Felicità Interna Lorda, l’indicatore proposto fra gli altri da Joseph Stiglitz e Amartya Sen, che sposterebbe l’attenzione sulla qualità della vita anziché sulle componenti materiali della ricchezza.
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