Algeria, Bou­te­flika che vince non fa neanche più rabbia

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L’immagine del can­di­dato pre­si­den­ziale e pre­si­dente uscente, Abde­la­ziz Bou­te­flika, che si pre­senta al seg­gio su una sedia a rotelle e si fa assi­stere in cabina – ma que­sto non è stato docu­men­tato dalla tv alge­rina – è il sin­tomo più evi­dente dello stallo in cui si trova il regime algerino.

Il risul­tato elet­to­rale è stato per­sino irri­le­vante, non ha susci­tato né sar­ca­smo né rab­bia. Nem­meno la sede del comi­tato elet­to­rale di Ali Ben­flis (12,8% dei voti), il prin­ci­pale rivale di Bou­te­flika, che ha denun­ciato bro­gli, era affol­lato al momento dell’annuncio della scon­tata vit­to­ria del pre­si­dente uscente (con l’81,53%).

La scon­fitta di Bou­te­flika è però rap­pre­sen­tata dalla forte asten­sione, oltre il 48%, pari a quella che nel 1991 per­mise la vit­to­ria al primo turno elet­to­rale delle legi­sla­tive al Fronte isla­mico di sal­vezza. Una per­dita di soste­gno e di cre­di­bi­lità del pre­si­dente san­cita dal crollo della par­te­ci­pa­zione al voto che era stata del 75% nel 1995 con Zeroual e del 60% nel 1999. Allora comun­que Bou­te­flika aveva otte­nuto un appog­gio popo­lare alla sua poli­tica di ricon­ci­lia­zione nazio­nale che met­teva fine a un decen­nio di mas­sa­cri per­pe­trati dai Gruppi isla­mici armati, che ave­vano pro­vo­cato circa 200 mila morti (ma le cifre non sono veri­fi­ca­bili). Anche que­sta poli­tica però ha mostrato i suoi limiti: ha rein­te­grato gli isla­mi­sti respon­sa­bili dei mas­sa­cri ma non ha offerto nes­sun risar­ci­mento (nem­meno morale) alle vit­time del terrorismo.

Bou­te­flika, appog­giato da tutti i poteri forti, non ha posto fine al mal­go­verno fon­dato sulla cor­ru­zione e l’autoritarismo. Finora è riu­scito a evi­tare il con­ta­gio delle pri­ma­vere arabe per la paura intro­iet­tata dagli alge­rini di poter tor­nare agli anni del caos e del ter­rore, ma il disa­gio sociale è sem­pre più forte. Anche se l’Algeria non è stata inve­stita dalla crisi eco­no­mica che ha attra­ver­sato altri paesi gra­zie ai pro­venti degli idro­car­buri e ai loro prezzi ancora rela­ti­va­mente alti.

Bou­te­flika si con­ferma pre­si­dente, i suoi con­ten­denti alla fine hanno solo dato cre­di­bi­lità a una ele­zione boi­cot­tata da metà della popo­la­zione (oppo­si­zione della destra isla­mi­sta e della sini­stra). Non è la prima volta che l’opposizione sce­glie la strada del boi­cot­tag­gio, senza peral­tro riu­scire a inci­dere sulla realtà.

La mag­giore asten­sione si è regi­strata in Kabi­lya dove sono forti i due par­titi della sini­stra, il Rag­grup­pa­mento per la cul­tura e la demo­cra­zia e il Fronte delle forze socia­li­ste. Una forza che tut­ta­via è andata dimi­nuendo con la poli­tica inclu­siva di Bou­te­flika che, con­ce­dendo posti di potere, ha dis­san­guato l’opposizione. Ulti­ma­mente, con la malat­tia che l’ha tenuto lon­tano dal paese per alcuni mesi, Bou­te­flika deve aver temuto di per­dere il con­trollo e per que­sto, soprat­tutto in vista delle ele­zioni, lo scorso set­tem­bre, con un rim­pa­sto di governo ha inse­rito uomini fidati, tutti appar­te­nenti al suo clan, nei posti di potere.

La novità nel pano­rama alge­rino è la riap­pa­ri­zione della società civile che con Bara­kat (Basta!) si è rior­ga­niz­zata per opporsi al quarto man­dato di Bou­te­flika. La costi­tu­zione alge­rina pre­vede due man­dati ma prima della terza can­di­da­tura, nel 2009, il pre­si­dente aveva intro­dotto un emen­da­mento che gli per­met­teva di rican­di­darsi. Bara­kat che si ripro­mette di met­tere fine in modo non vio­lento a que­sto sistema cla­nico e cor­rotto imper­so­nato dal bou­te­fli­ki­smo riu­scirà a pro­se­guire la sua lotta o si infran­gerà sugli osta­coli (divi­sione tra forze che accet­ta­vano i par­titi e quelle apar­ti­ti­che) che ave­vano posto fine alla rivolta del 2011?

Pro­ba­bil­mente occor­rerà del tempo per veri­fi­care la con­si­stenza di que­sto movi­mento e la capa­cità di col­le­garsi alle lotte sociali che si stanno esten­dendo su tutto il ter­ri­to­rio e che non si sono fer­mate nem­meno il giorno delle ele­zioni, anche se sono state rego­lar­mente represse.

Sono sem­pre di più gli osser­va­tori poli­tici in Alge­ria che vedono l’avvicinarsi della resa dei conti, come è avve­nuto in altri paesi arabi. E anche qui la lotta per la demo­cra­zia potrà susci­tare rea­zioni vio­lente, indi­pen­den­te­mente dalla scelta non vio­lenta di chi la por­terà avanti.


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