Ucraina, arriva il Fondo monetario. E torna Tymoshenko

Ucraina, arriva il Fondo monetario. E torna Tymoshenko

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Alle 10 di ieri mattina il premier del governo provvisorio dell’Ucraina, Arseny Yatsenyuk, si presenta in Parlamento, con in tasca l’accordo firmato nella notte con il Fondo monetario internazionale. Aiuti per circa 15 miliardi di dollari in due anni con la formula «stand-by»: finanziamenti in cambio di drastiche riforme economiche. Il Paese è «a un passo dalla bancarotta economica e finanziaria», dice Yatsenyuk prima di elencare la lista di tagli e di tasse aggiuntive. Si parte dall’aumento dell’imposta sulla vodka per finire con la riduzione degli sconti sulle bollette del gas.
Il nuovo corso cerca di trovare una via di salvezza con un buco nel bilancio pubblico pari a 25 miliardi di dollari (l’equivalente di un intero esercizio), con pensioni e stipendi pubblici pagati sempre più in ritardo, con riserve valutarie dimezzate in due anni (da 35 a 15 miliardi di dollari), con un’inflazione al 12%, che significa la caduta libera del potere di acquisto incorporato in salari medi già bassi.
Mentre Yatsenyuk sgrana il rosario dei duri sacrifici in arrivo, il suo capo partito, Yulia Tymoshenko, si candida alle elezioni presidenziali, in programma il 25 maggio. La figura politica più conosciuta all’estero, la protagonista della Rivoluzione arancione del 2004, l’ex primo ministro, l’ex (da poche settimane) prigioniera politica si rimette in corsa per guidare il Paese. Ha qualche possibilità di vittoria, ma non parte favorita. La sua gigantografia dominava la piazza Maidan, nell’accampamento della rivolta contro il suo nemico storico e carceriere, l’ex presidente Viktor Yanukovich. Ma una parte consistente del Paese, tanto nell’Ovest filo europeo quanto nell’Est pro Russia, la considera, nella versione più gentile, il simbolo di quell’intreccio tra potere e affari che ha dannato la classe dirigente, tra corruzione, lussi assurdi, indifferenza per il popolo.
Yulia, 53 anni, liquida questo stato d’animo diffuso anche a Kiev, anche in piazza Maidan, come il frutto della stessa campagna diffamatoria che ha portato alla sua condanna per una falsa accusa: la firma di un contratto con la Russia per la fornitura di gas a prezzi gonfiati. Ma la difficoltà non è solo interna. La campagna elettorale è seguita con attenzione dai governi occidentali, quelli che nella capitale ora chiamano «i nostri alleati». Negli ultimi anni la cancelliera Angela Merkel è stata la più attiva nel chiedere la liberazione di Tymoshenko. Adesso, però, i vertici di Berlino non la riconoscono più. Al posto della leader abile e intelligente, in grado di destreggiarsi tra Unione Europea e Russia, si trovano davanti una candidata livorosa, vendicativa. «Sono pronta a prendere un mitra e a sparare in faccia a Putin»: la sua telefonata diffusa sul web ha agghiacciato Angela Merkel che non sa più cosa inventarsi per recuperare il filo della razionalità con il presidente russo. Inevitabile, dunque, che arrivasse l’aggettivo peggiore per la candidata più ambiziosa: «inadeguata», ha detto ieri Norbert Lammert, presidente del Bundestag ed esponente di punta della Cdu merkeliana.
I tedeschi sembrano appoggiare un’altra operazione: l’alleanza tra Petro Poroshenko, oligarca filo europeo (riduttivamente definito «il re del cioccolato») e l’ex pugile Vitalij Klitschko, fondatore di un partito moderato, nonostante il nome Udar (Il pugno). Lo schema prevede: Poroshenko presidente, Klitschko sindaco di Kiev (il 25 maggio si vota anche per l’amministrazione della capitale).
Intanto alle urne bisogna arrivarci, in un clima di assedio. Anche ieri il segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale, Andry Parubiy, ha ripetuto: «Ci sono 100 mila soldati russi schierati al confine orientale, in direzione di Donetsk e di Karkhiv».
Giuseppe Sarcina


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