Tortura, il sì del Senato è una buona notizia a metà

Tortura, il sì del Senato è una buona notizia a metà

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La tor­tura non è un cri­mine come tutti gli altri. La tor­tura ha radici anti­che. Per un lungo periodo della sto­ria dell’umanità la tor­tura è stata tra i mezzi di prova con­sen­titi. La tor­tura era con­si­de­rata la prova per eccel­lenza. È stato il secolo dei lumi a posi­zio­nare la tor­tura dalla parte delle bar­ba­rie, a toglierle ogni spa­zio di legit­ti­mità. Siamo nel 2014. Due­cen­to­cin­quanta anni fa, nel 1764, Cesare Bec­ca­ria pub­blicò Dei delitti e delle pene. Imma­gino che molti cele­bre­ranno quest’anno Cesare Bec­ca­ria.
Pochi si inter­ro­gano però su cosa oggi direbbe Cesare Bec­ca­ria, dileg­giato da grandi noti­sti poli­tici nell’era della tol­le­ranza zero, di fronte al nostro sistema pro­ces­suale a due velo­cità, alla selet­ti­vità del sistema penale, ai tanti delitti di crea­zione arti­fi­ciosa del legi­sla­tore, alla cru­dezza della vita nelle nostre pri­gioni, alle sto­rie di tor­tura che for­tu­na­ta­mente ora i media hanno ini­ziato a por­tare alla luce, all’assenza del cri­mine di tor­tura nel codice penale.C’è chi si è dedi­cato a con­tare tutte le norme penali pre­senti nella nostra infi­nita legi­sla­zione. Molte di que­ste norme non sono pre­senti nel codice penale, ma nelle miriadi di leggi appro­vate nel corso degli anni dal par­la­mento. Ognuna di esse con­tiene san­zioni con la minac­cia di pochi o molti anni di galera. Pare siano ben più di cin­que­mila. Non poche. Tra que­ste non c’è ancora il cri­mine di tor­tura. Eppure da un quarto di secolo l’Italia si è impe­gnata for­mal­mente con le Nazioni Unite a pre­ve­dere tale cri­mine nel nostro ordi­na­mento giu­ri­dico.
La sto­ria della man­cata codi­fi­ca­zione del delitto di tor­tura in Ita­lia è una sto­ria che segna la debo­lezza delle forze poli­ti­che, anche quelle demo­cra­ti­che e di sini­stra, inca­paci di svol­gere una fun­zione peda­go­gica rispetto alle alte buro­cra­zie isti­tu­zio­nali. Tra le buro­cra­zie isti­tu­zio­nali inse­ri­sco anche quei sin­da­cati delle forze dell’ordine che hanno sem­pre mostrato resi­stenza rispetto a un cam­bio di para­digma. La pre­vi­sione del delitto di tor­tura aiu­te­rebbe le forze di poli­zia a costruire un rap­porto di fidu­cia con la cit­ta­di­nanza, a iso­lare chi si com­porta in modo vio­lento e ille­gale, a impe­dire gene­ra­liz­za­zioni ste­reo­ti­pate quando si parla del lavoro di chi deve garan­tire sicurezza.
La visua­liz­za­zione pla­stica di que­sta fra­gi­lità poli­tica sta nei reso­conti par­la­men­tari dell’autunno 2012 quando la legge fu nuo­va­mente affos­sata dalle tec­ni­che dila­to­rie di due depu­tati, di cui uno ex pre­fetto e l’altro ex sin­da­ca­li­sta di poli­zia. Negli scorsi mesi insieme a tan­tis­sime orga­niz­za­zioni abbiamo rac­colto decine di migliaia di firme per la pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare diretta a intro­durre il cri­mine di tor­tura nel codice penale. Il nostro testo era una ripro­po­si­zione fedele della defi­ni­zione Onu secondo cui la tor­tura è un delitto pro­prio del pub­blico uffi­ciale.
La tor­tura è neces­sa­ria­mente qual­cosa che riguarda il rap­porto tra custodi e custo­diti. Nella sto­ria, non solo ita­liana, sia la tor­tura giu­di­zia­ria (estor­sione delle con­fes­sioni) che quella puni­tiva (ves­sa­zioni dirette a esal­tare il potere sovrano di punire) riguar­dano la sfera pub­blica e non quella delle rela­zioni pri­vate. Il Senato ha appro­vato il dise­gno di legge che proi­bi­sce la tor­tura. Que­sta è una buona noti­zia. La cat­tiva noti­zia è che il delitto è stato con­fi­gu­rato come gene­rico, comune, che può essere com­messo da chiun­que, anche in una con­sor­te­ria cri­mi­nale o in una fami­glia. Nel testo appro­vato è anche però pre­vi­sto un aumento di pena nel caso in cui l’autore sia un pub­blico uffi­ciale. Avremmo pre­fe­rito una defi­ni­zione di tor­tura fedele a quella delle Nazioni Unite, ma dopo tanto pan­tano, tanta palude, tanti no, forte è la ten­ta­zione di chie­dere alla Camera di pro­ce­dere comun­que a una rapida appro­va­zione, prima che riaf­fi­lino le armi ex pre­fetti ed ex sindacalisti.
Nel frat­tempo hanno affi­lato le armi al Con­si­glio d’Europa dove hanno rite­nuto insuf­fi­cienti le misure finora prese dalle auto­rità ita­liane per fron­teg­giare il sovraf­fol­la­mento e le con­di­zioni car­ce­ra­rie tra­gi­che. Che sia un monito per stra­vol­gere un sistema car­ce­ra­rio che pro­duce ancora tante sto­rie di disu­ma­nità e tor­tura. Il 28 mag­gio ci sarà il giu­di­zio finale da parte della Corte euro­pea dei diritti umani. Non sarebbe una bella cosa se l’Italia del pre­mier Renzi subisse l’onta di cen­ti­naia di con­danne poche set­ti­mane prima di andare alla guida della Ue.


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