Svolta storica in Cina: 100 milioni di nuovi cittadini

Svolta storica in Cina: 100 milioni di nuovi cittadini

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La Cina è un paese avviato verso la «mode­rata pro­spe­rità» (xiao­kang she­hui), un con­cetto con­fu­ciano, par­ti­co­lar­mente caro alla nuova lea­der­ship. Per il paese sarebbe quindi giunto il momento di «un’urbanizzazione ordi­nata e sana», come scritto in un docu­mento di 30 pagine pro­dotto a mar­gine delle «due ses­sioni», lian­ghui, l’appuntamento poli­tico annuale cinese e pre­sen­tato nei giorni scorsi. Si può natu­ral­mente affer­mare che il pro­cesso di urba­niz­za­zione cinese sia in corso da almeno trent’anni: si stima che dalle Riforme ad oggi siano state 300 milioni le per­sone che si sono tra­sfe­rite dalle cam­pa­gne alla città. La Cina nel 2011, attra­verso il cen­si­mento, si è sco­perta un paese urbano: sono più i cit­ta­dini dei contadini.

Ora l’urbanizzazione pro­se­guirà, ma con metodi e obiet­tivi diversi dal pas­sato. Siamo abi­tuati a uti­liz­zare ter­mini spesso sfa­vil­lanti per dimo­strare i cam­bia­menti della Cina, ma in que­sto caso il Guo­jia xin­xing cheng­z­he­n­hua gui­hua, ovvero «il nuovo piano per l’urbanizzazione del paese» è dav­vero un pas­sag­gio sto­rico (com­preso il regi­stro unico per le pro­prietà immobiliari).

Dal 2014 al 2020 la Cina pre­vede di tra­sfor­mare 100 milioni di per­sone in «cit­ta­dini». Non si intende solo un loro tra­sfe­ri­mento – e vedremo come – ma un reale cam­bia­mento di sta­tus sociale: que­ste 100 milioni di per­sone infatti, potranno usu­fruire del sistema di wel­fare urbano, supe­rando una delle man­canze più gravi di tutto il sistema sociale cinese, ad oggi. Signi­fica che attra­verso l’hukou, il cer­ti­fi­cato di resi­denza che aggan­cia i diritti sociali al luogo di pro­ve­nienza, il migrante cam­bierà il suo sta­tus, diven­tando «cit­ta­dino» a tutti gli effetti. Signi­fica che i lavo­ra­tori migranti potranno usu­fruire di tutti i ser­vizi sociali messi a dispo­si­zione dalle città.

Ovvero, avranno più soldi da spen­dere sul mer­cato interno, rispar­miando su quei ser­vizi che fino ad oggi hanno dovuto pagare (sanità, istru­zione dei figli).

Non solo, per­ché in quest’ottica redi­stri­bu­tiva, che va di pari passo con la neces­sità di svi­lup­pare il mer­cato interno, si dovreb­bero affian­care poli­ti­che abi­ta­tive ed eco­lo­gi­che, capaci di mutare la natura della tra­sfor­ma­zione sociale. Come siamo abi­tuati infatti, fino ad oggi, a vedere que­sto pro­cesso in Cina? Città con grat­ta­cieli disa­bi­tati per il loro prezzo esoso, nubi tos­si­che date dall’inquinamento e i lavo­ra­tori migranti a vivere nelle peri­fe­rie, scon­tran­dosi ogni giorno con la man­canza di coper­ture sociali.

La svolta, la più socia­li­sta da quando Xi Jin­ping è salito al potere, con­tro­bi­lan­cia il recente resty­i­ling finan­zia­rio impron­tato ad una libe­ra­liz­za­zione di ambiti eco­no­mici ben pre­cisi. Non c’è da stor­cere il naso: per i cinesi tutto que­sto non costi­tui­sce una con­trad­di­zione. Fino ad oggi i migranti non gode­vano di alcun diritto, e anzi, costi­tui­vano le fasce sociali più sfor­tu­nate: per­sone che si sono messe il pro­greso cinese sulle spalle, ma che da oggi godranno di uno sta­tus che di fatto li eleva a veri cit­ta­dini. Un primo segnale di quella dif­fi­cile alchi­mia che la Cina si appre­sta a ren­dere «sto­rica»: tra­sfor­mare la quan­tità in qualità.

Secondo i dati dif­fusi dalle auto­rità di Pechino, fino ad oggi i cit­ta­dini sareb­bero il 53 per­cento della popo­la­zione. Di que­sti solo il 35 per­cento gode dei diritti sociali. L’obiettivo è ren­dere la popo­la­zione urbana, entro il 2020, il 60 per­cento di quella totale ed esten­dere il wel­fare urbano ad almeno il 45 per­cento. Signi­fica, come detto all’inizio, una tra­sfor­ma­zione sociale per almeno 100 milioni di per­sone. Si tratta di un tra­guardo rile­vante anche per il nuovo governo cinese. Come scritto nei docu­menti rila­sciati, in cinese, «L’urbanizzazione sana è soste­nuta da un potente motore economico.

La domanda interna è la forza trai­nante fon­da­men­tale dello svi­luppo eco­no­mico della Cina». Non solo per­ché Pechino pensa anche alla qua­lità: l’urbanizzazione, si dice, «è un requi­sito ine­vi­ta­bile per pro­muo­vere il pro­gresso sociale, è un pro­dotto della civiltà e del pro­gresso umano, capace sia di miglio­rare l’efficienza pro­dut­tiva, sia quella degli agri­col­tori. È un feno­meno per il bene del popolo, per aumen­tare la qua­lità com­ples­siva della vita.
Con il raf­for­za­mento della pro­spe­rità eco­no­mica della città, miglio­re­ranno le fun­zioni urbane i ser­vizi pub­blici e la qua­lità dell’ambiente: la vita mate­riale delle per­sone sarà più ricca e la loro vita spi­ri­tuale migliore».


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