Speedy Renzi e la lumaca Hollande
Approfittare dell’opportunità di una Commissione a fine corsa e della minaccia di un’esplosione del voto populista alle europee di maggio per far avanzare l’idea che un’Europa più attenta alla vita dei cittadini è possibile. È questo l’obiettivo comune di Francia e Italia, anche se i due paesi lo declinano in due stili completamente diversi: la fretta per il nuovo premier italiano, la politica dei piccoli passi – peraltro finora disastrosa — per il presidente francese.
François Hollande ha ricevuto ieri all’Eliseo Matteo Renzi, per la prima tappa di un mini-tour europeo del neo-presidente del consiglio italiano, che lunedì sarà a Berlino, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles di giovedì e venerdì. Renzi ha ricevuto a Parigi una lezione di prudenza: non a caso Hollande, che ha sottolineato che da due anni cerca di riorientare l’Europa verso la crescita e l’occupazione, è rimasto fermo sui «parametri» e sul rispetto «di tutti gli impegni presi».
Il presidente francese dà prova di cattiva coscienza, perché la Francia sfonda il tetto del 3% del deficit e i dati indicano che, pur avendo ottenuto da Bruxelles due anni di tempo, difficilmente rispetterà gli impegni, pur avendo il vantaggio sull’Italia di avere un debito molto più contenuto (92% del pil contro il 130%). Ma Hollande, che si aggrappa ai tassi di interesse bassissimi pagati dalla Francia, non ha mai voluto e non vuole ancora adesso mettersi a capo di uno schieramento del «Club Med» per chiedere grazia e tempo a Berlino. La Francia pensa di avere sempre e comunque un «rango» da difendere, che si manifesta in particolare nella politica estera, con gli interventi militari in Africa.Renzi, incasellato non senza perfidia da Hollande nella continuità di Monti e Letta, è messo alla prova con il suo volontarismo, che messo a confronto con la politica europea rischia di sgonfiarsi come un soufflé uscito dal forno. Renzi ha parlato di «condivisione dei vincoli europei», che vanno «rispettati, non perché lo chiede Angela Merkel ma perché lo dobbiamo ai nostri figli», riproponendo la semplificazione della gestione del bilancio da buon padre di famiglia. Ha ripetuto che c’è un margine per l’Italia, tra il deficit del 2,6% e il tetto del 3% (non c’è stata però ieri nessuna proposta per calcolare in modo diverso il deficit, togliendo per esempio gli investimenti per il futuro).Renzi ha scelto un’offensiva politica, per il momento con un orizzonte elettorale a breve come primo ostacolo da superare: evitare la sconfitta elettorale alle europee. I vincoli vanno rispettati, ma «contemporaneamente – ha sottolineato Renzi – il compito della nuova Commissione e dell’Europa è di ridurre lo spread tra cittadini e istituzioni europee». Alle europee, «i partiti populisti hanno buone possibilità di successo se non siamo consapevoli che va bene il rispetto dei vincoli, ma anche che l’Europa va cambiata». Una grande sfida: «Riportare i cittadini a credere nell’Europa, cambiare verso non ai cittadini ma all’Europa», dire «ai cittadini sfiduciati che l’Europa è il luogo della maggiore scommessa politica che si possa fare», anche per avere qualche euro in tasca in più. La traduzione in pratica, per il momento, è contabile, nei limiti del possibile.
Renzi intende sfruttare la possibilità data dall’avanzo primario dei conti pubblici italiani, che il neo-presidente del consiglio vede durare da vent’anni, un’esagerazione che ha suscitato l’ironia di Hollande su una Francia in deficit «primario, secondario e terziario», partita alla riconquista della competitività. Renzi intende manovrare sul «patto di stabilità interno», che per esempio «impedisce ai comuni di spendere per le scuole». A noi, ha aggiunto, «le aule scolastiche stanno a cuore più della stabilità tecnocratica». Quasi un’ammissione di debolezza, con i leader nazionali ridotti a capi villaggio in un’economia mondializzata che marginalizza le politiche nazionali.
Renzi riprenderà l’impegno di Hollande per l’occupazione giovanile con un secondo vertice straordinario a Roma nel prossimo luglio dopo quello all’inizio della presidenza francese. Intesa formale sulla politica estera, dall’impegno per il Mediterraneo (Renzi ha appena fatto un viaggio in Tunisia) all’Ucraina, anche se qui, in attesa del referendum in Crimea – illegale per la Ue – le decisioni sono rimandate a lunedì.
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