Ora il «premier» apre al sud-est e Pravi Sector chiude a Nato e Ue

Loading

Nei due ultimi discorsi di Arse­niy Yatse­niuk, l’uno pro­nun­ciato mar­tedì, l’altro ieri, si con­densa l’obiettivo irri­nun­cia­bile del governo: sal­vare il paese. Si tratta di sven­tare il col­lasso eco­no­mico e di rat­top­pare lo squar­cio che corre lungo il nor­do­vest e il nor­dest. La culla della rivo­lu­zione nazio­na­li­sta e il bastione del rap­porto forte con la Rus­sia, volendo farla breve e sintetica.

Pro­prio al sudest Yatse­niuk s’è rivolto nel suo primo inter­vento. Il cui regi­stro ha testi­mo­niato l’intenzione di cam­biare passo, rispetto alle prime bat­tute della nuova sta­gione, segnata da impeti che hanno squa­der­nato dubbi anche tra gli euro­pei. Su tutti la can­cel­la­zione della legge sulla lin­gua varata nell’agosto 2012 da Yanu­ko­vich. Quella misura, che fu anche molto elet­to­rale (in otto­bre ci furono le poli­ti­che), ele­vava il russo a lin­gua uffi­ciale nelle aree dove è par­lato da almeno il 10% della popo­la­zione. Yatse­niuk ha ricor­dato che il pre­si­dente prov­vi­so­rio, Olek­sandr Tur­chy­nov, ha bloc­cato la revoca della legge, indice della volontà discri­mi­na­to­ria e dei sus­sulti anti­russi del nuovo potere di Kiev, a sen­tire il Crem­lino. Le cose restano come sono, la lin­gua russa non è minac­ciata. Così s’è espresso il primo ministro.

S’è men­zio­nato anche il tema del decen­tra­mento ammi­ni­stra­tivo, inter­cet­tando la richie­sta di fede­ra­liz­za­zione che viene da Mosca, ma trova sponde anche a Bru­xel­les e nella stessa Ucraina. Le regioni avranno molti poteri su istru­zione, sanità, risorse finan­zia­rie e ordine pub­blico, ma anche sulle que­stioni della sto­ria e «dei suoi eroi». Mes­sag­gio evi­dente: nessun’altra sta­tua di Lenin verrà abbat­tuta, come acca­duto in molte aree dell’ovest nei giorni suc­ces­sivi alla fuga di Yanu­ko­vich. Il che ha avve­le­nato non poco il clima politico.

Il primo mini­stro ha toc­cato anche altri temi sen­si­bili, sia nel sudest ucraino che dalle parti del Crem­lino. Uno è l’ingresso nella Nato. Non è in agenda, ha affer­mato. In com­penso Kiev è appena uscita dalla Csi, il con­sesso di repub­bli­che post-sovietiche nato dopo il crollo del gigante comu­ni­sta. Si sfilò anche la Geor­gia, dopo la guerra con Mosca del 2008.

Ieri è stato intro­dotto il regime dei visti nei con­fronti dei russi. Uno dei pochi stru­menti che Kiev può mano­vrare, davanti alla forza eco­no­mica e mili­tare di Mosca. Potrebbe essere letto tut­ta­via come la sto­ria della lin­gua. L’esigenza della neu­tra­lità è stata snoc­cio­lata nelle scorse ore anche da Dmy­tro Yarosh, capo del Set­tore destro, il movi­mento estre­mi­sta di destra che ha con­tri­buito con le armi alla rivo­lu­zione. Yarosh ha scar­tato l’adesione alla Nato, come la pro­spet­tiva comunitaria.

Sul fronte dell’Europa c’è da segna­lare che Yatse­niuk, sem­pre nel discorso ai con­na­zio­nali del sudest, ha pre­ci­sato che sulla parte eco­no­mica degli accordi di Asso­cia­zione con l’Ue, con­tra­ria­mente a quella poli­tica, che verrà fir­mata nei pros­simi giorni, Kiev s’è presa del tempo. Vuole veri­fi­care che non nuoc­cia alle indu­strie del paese, spal­mate soprat­tutto nell’est. Una ragione che era stata addotta da Yanu­ko­vich quando, il 21 novem­bre, aveva boc­ciato le intese com­mer­ciali con Bruxelles.

In sostanza: Yatse­niuk vuole con­ce­dere quanto più pos­si­bile al sudest, forse anche più di quello che vor­rebbe. D’altro canto non ha troppe alter­na­tive. Il paese è lace­rato, il rischio implo­sione non è una fantasia.

Né lo è quello di scon­quasso eco­no­mico. Gli 11 miliardi di euro in arrivo dall’Ue e quelli che giun­ge­ranno dal Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale non bastano, da soli, a dare ossi­geno. Devono essere accom­pa­gnati da riforme pro­fonde. Que­sto ha lasciato inten­dere Yatse­niuk nell’altro discorso, di ieri, aprendo il con­si­glio dei mini­stri. Sono state annun­ciate misure a favore della tra­spa­renza e della lotta alla cor­ru­zione, oltre a prov­ve­di­menti orien­tati a cala­mi­tare inve­sti­menti dall’estero. Ver­ranno inol­tre tas­sate le ren­dite finan­zia­rie e ci sarà un pre­lievo sui depo­siti ban­cari supe­riori a 50mila hry­v­nia (3500 euro). Per Yatse­niuk col­pirà solo il 10% della popo­la­zione, ma qual­cuno crede che ci rimet­terà anche la classe media. In ogni caso ci saranno dei sacri­fici. Dovremo fare leggi impo­po­lari, ha tagliato corto Yatse­niuk, sen­ten­ziando che la cosa è neces­sa­ria per sta­bi­liz­zare l’economia e rice­vere l’assistenza del Fmi.

Su que­sto punto si apre il discorso degli oli­gar­chi. Hanno in mano grosse fette di Pil e c’è da capire se accet­te­ranno il radi­ca­li­smo rifor­mi­sta, che rischia di asse­stare una bella botta alle loro indu­strie pesanti e poco flessibili.


Tags assigned to this article:
Nato

Related Articles

Si riaccende il conflitto nel Nagorno-Karabakh

Loading

Durante la notte fra il Primo e due di aprile 2016, le forze armate della Repubblica di Azerbaijan hanno sferrato un pesante attacco in tre direzioni

Boris Johnson, il colonialista

Loading

TARDO-IMPERI . In Europa sarebbe necessario riaffermare i principi di Ventotene

Stato dell’Unione. L’Ucraina al centro dell’Europa: «Le sanzioni restano»

Loading

Sì alle misure contro la Russia, addio dipendenza dal suo gasdotto. Il discorso sullo Stato dell’Unione di von der Leyen di fronte al Parlamento europeo prima di recarsi, per la terza volta, a Kiev

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment